mercoledì 22 giugno 2022
Ho un ricordo antico di un'estate torrida (ma era agosto, non giugno), quando i contadini del mio paese d'origine, alla sera, si recavano in chiesa per le rogazioni. Una preghiera antica, legata al mondo contadino, che di regola avviene pochi giorni prima dell'Ascensione. L'Ascensione è passata, e anche in quest'anno rovente la richiesta di pioggia si fa più urgente, benché le previsioni della settimana dicano che qualche goccia arriverà. Le Regioni sono in crescente allarme e a catena stanno chiedendo lo stato di calamità, giacché non avveniva dal 1764 una situazione come quella che viviamo oggi, coi fiumi con l'acqua salata che risale dal mare oppure in secca.
È una congiuntura problematica perché a memoria non ci si è mai trovati con una guerra alle porte in corso, una pandemia che non arretra, una crisi energetica, e persino le cavallette che minacciano i raccolti in Sardegna ed evocano le piaghe d'Egitto. Cosa ci dice tutto questo? Qualche riflessione è d'obbligo, visto che la comfort zone di ciascuno sta andando a pezzi, ancorché si paventa un razionamento dell'acqua e addirittura il divieto di riempire le piscine.
Ma in gioco, seriamente, c'è il comparto alimentare, giacché la siccità minaccia i raccolti di tanti frutti e nella Pianura Padana sarà difficile vedere il "mare a quadretti" delle risaie allagate. E se da un lato sembra venir meno la fede nella Provvidenza che era ben più salda quando i contadini recitavano le rogazioni, dall'altro c'è un attendismo che spaventa, come se ci fossimo svegliati una mattina scoprendoci cicale che hanno oziato dentro lo spreco insensato di acqua, dacché siamo il Paese europeo che ne consuma e spreca di più.
E che dire dei bacini irrigui? Sembra che la politica della cicala non si sia posta più il problema e ora ci si trova alla solita emergenza da affrontare. C'è poi il rischio degli incendi, che a ogni estate riempiono le cronache, accanto a quei temporali che non portano l'agognata acqua, ma spesso grandine. Non ci possiamo fare nulla, obietterà qualcuno, ma in realtà se andiamo a guardare la storia, dal monachesimo benedettino che eresse l'architettura agricola di mezza Europa, agli statisti piemontesi dell'Ottocento che crearono il canale Cavour, inaugurato nel 1866, una qualche strategia sul lungo corso c'era. Ma gli statisti modello api operaie oggi sembrano purtroppo cicale, concentrate su un Pnrr che rischia di servire solo per tappare falle in emergenza. E quando l'emergenza riemergerà, perché così va la storia, con quali risorse faremo fronte, se non abbiamo messo in campo una strategia per il domani?
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