mercoledì 27 novembre 2019
La “letteratura gotica” si sviluppò nella seconda metà del Settecento, soprattutto nei Paesi anglosassoni. Ne è considerato capostipite Horace Walpole (1717-1797), autore del romanzo Il castello di Otranto, che viene citato nel racconto La casa di bambola stregata, di Montague Rhodes James: «“Puro e semplice Horace Walpole, ecco, si sente la sua mano, ci scommetto”. Questo il pensiero formulato a voce bassa da Dillet, inginocchiato davanti in compunta estasi». Dillet contemplava il modello di casa stregata, alto due metri, completo di tutte le suppellettili in miniatura, mobili, sedie letti e lettini, cassettoni con dentro tovaglie, lenzuola e biancheria, come faceva Luchino Visconti che, per Il Gattopardo, pretese arredamenti originali e oggetti d'epoca perfino nei cassetti che non sarebbero mai stati aperti e filmati. Il racconto di M.R. James (1862-1936), come di solito viene ricordato il medievista autore britannico (siglando l'ingombrante Montague Rhodes), è uno dei sei che Skira editore ha raccolto come I racconti di fantasmi di un antiquario (pagine112, euro 14). Dei sei racconti, quattro sono stati tradotti da Attilio Veraldi, cioè “L'albo del canonico Alberico”, “La mezzatinta”, “Il tesoro dell'abate Tomaso”, “Gli stalli della cattedrale di Barchester”, mentre “La casa di bambola stregata” è tradotta da Luca Scarlini. Dell'ultimo racconto, “Fischia e verrò da te, ragazzo mio”, non è indicato il traduttore: forse sarà stato un fantasma. Breve digressione sul malcostume verso i traduttori. Anche qui i nomi sono scritti in piccolo nel contro-frontespizio, ma Attilio Veraldi (1925-1999) ha diritto a una microbiografia sul risvolto di copertina: «Scrittore e traduttore, debuttò come romanziere nel 1976 con La mazzetta, da cui venne tratto l'omonimo film di Sergio Corbucci». Finalmente! Sia reso onore ai traduttori, che tanta parte hanno nel successo dei libri in lingua straniera, come accade per i doppiatori dei film. Ieri, rivedevo per l'ennesima volta la strepitosa, commossa e commovente intervista di Pasolini con Ezra Pound, trasmessa dalla Rai nel 1966: e chi leggeva i testi poundiani? Nessuna indicazione nei titoli di coda, ma la voce era dell'inconfondibile Arnoldo Foà. Fine della digressione e torniamo ai nostri fantasmi. Il racconto più bello è “La mezzatinta”, dove un'incisione, quasi dozzinale, si anima per documentare un delitto. Dello stesso parere era anche James che in calce alla “Casa di bambola stregata” ha messo questa parentesi: «(Si dirà, temo senza sbagliare, che questo racconto è solo una variante del mio precedente La mezzatinta. Posso solo sperare che il cambiamento di luogo renda accettabile la ripetizione del tema)». Infatti, nella minuziosissima ricostruzione della casa stregata, c'è un vecchio nonno che muore, probabilmente avvelenato, e anche i due nipotini scompaiono prematuramente. La parentesi trascritta qualche riga sopra dà un'idea precisa dello stile di James: uno stile molto british, fatto di ritenzione. I personaggi, in mezzo a tanti orrori, restano ben dritti, perché l'orrore non è descritto, passa direttamente ai lettori senza attraversare i protagonisti. E i lettori sì che si spaventano.
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