sabato 5 febbraio 2011
«Senza titolo», potrebbe essere il riassunto di questo scritto. Come infatti aiutare a comprendere, a farsi una ragione, o meglio dove trovare una possibilità di sintesi a tutti questi fatti che il nostro tempo ci propone, uno vicino all'altro, come facessero parte di una prevista catena? Fatti della natura e fatti dell'animo dell'uomo. Il ciclone che a trecento chilometri all'ora spazza via le coste dell'Australia portando distruzione tra la popolazione e le coltivazioni necessarie a quella economia; l'America fermata da una tempesta di neve mentre un tempo ovunque sconvolto ci fa dimenticare cosa erano autunno e primavera, l'uno dai colori maturi e gravi, l'altro con la tenerezza delle cose che nascono. Tutte le nostre invenzioni perdono di sicurezza davanti a una situazione meteorologica che non sappiamo guidare e nemmeno prevenire con qualche risultato certo e concreto. Si fermano i voli d'aereo, i treni, le macchine. Città paralizzate dalla improvvisa mancanza di luce. Dove sono le candele in una civiltà moderna? Come uscire di casa al buio a comperarle? Anche gli uccelli cadono a centinaia dal cielo, ma qualcuno ci ha tranquillizzato dicendo che sono solo veleni o qualche particolare microbo nell'aria. Bene, allora se non è un castigo che viene dal cielo, come si poteva credere nell'antichità, facciamo finta di non aver visto niente e avanti come prima. Non ascoltiamo la voce degli scienziati che da anni ci chiedono di ridurre lo smog, di far qualche sacrificio in più fumando meno, usando meno la macchina a benzina. Ci avevano avvertito che in questo modo tutta la nostra vita sarebbe peggiorata. E i sacrifici, chi dovrà incominciare a farli? Quelli che hanno già usufruito dei miglioramenti offerti dalle nuove tecniche, o coloro che incominciano adesso a scoprire che si può vivere meglio sfruttando le scoperte degli ultimi cinquant'anni, e non sono disposti a continuare a far parte di popoli poveri e mancanti di risorse. Quando questi si scateneranno in tutta la loro potenza sarà per noi, chiamati popoli ricchi , un momento grave se non ci saremo preparati. Il nuovo mondo arabo, che non ha l'immensità della Cina o dell'India, si sta agitando sotto i nostri occhi che non avevano previsto niente fino a ieri. Chiedono più giustizia: che vuol dire mangiare meg1io, avere qualcosa di più, consumare i beni finora distribuiti solo fra gli uomini di potere. Il mondo arabo è l'Egitto, l'Algeria, il Marocco, il Libano, lo Yemen, la Giordania; Paesi che conosciamo attraverso un turismo organizzato, che non abbiamo cercato di conoscere seriamente, ma solo di vedere dalle finestre dei migliori hotel o delle organizzazioni di caccia fotografica. Li abbiamo guardati come ci si ferma davanti agli animali del circo, con meraviglia, con interesse, scommettendo anche sulla loro bellezza. Oggi, di fronte a questa loro corsa verso una migliore democrazia, ognuno da un punto di partenza diverso dall'altro, noi europei nascondiamo la nostra paura ben sapendo che non abbiamo molto da offrire perché tutto avvenga nel modo più civile e non cruento. Dobbiamo chiedere a questi giovani arabi quella maturità e quella capacità di meditazione tanto difficile da possedere.
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