giovedì 7 ottobre 2021
Lunedì scorso era sera in Europa e mattina in California. Qui si tornava a casa dal lavoro, là viceversa. E fu black out, lungo, lunghissimo. Facebook, WhatsApp e Instagram al buio. Un guasto deprecabile e un esperimento sociale, entrambi involontari. Scrive Marco Lombardo sul “Giornale” (5/10, titolo: «Tra gli utenti è panico»): «Improvvisamente il mondo ha alzato la testa. Nei mezzi pubblici, sulle panchine, sdraiati sul divano, in qualsiasi altra posizione in cui tutti i giorni passiamo le ore a guardare uno schermo (...). C'è gente in metrò che si guarda, quasi attonita. Gli altri esistono anche fuori dai social». Ecco l'esperimento sociale casuale visto da Riccardo Luna (“Repubblica”, 5/10): «Quando Facebook, WhatsApp e Instagram hanno smesso di funzionare le comunicazioni di centinaia di milioni di persone nel mondo (pare siano 3 miliardi, ndr) si sono interrotte. E non è stato bello. Non ci siamo scoperti migliori. Nei social non scorre solo “il male del mondo”, ma anche le nostre vite, i nostri affetti, i rapporti lavorativi. Dei social abbiamo bisogno e non ne faremo a meno. Ma è venuto il momento di cambiarli davvero» perché sono «ottimi per i profitti ma sostanzialmente nocivi per la convivenza civile». Luna lo spiega citando Jaron Lanier: «I social network, e in particolare Facebook, aumentano i loro profitti se in rete ci comportiamo peggio, se la spariamo grossa, se insultiamo qualcuno, se ci azzuffiamo. E quindi gli algoritmi che sovrintendono al loro funzionamento cercano di farcelo fare». Che il black out sia avvenuto proprio quando Frances Haugen, ingegnera informatica già dirigente del gruppo di Zuckerberg, deponeva davanti al Senato Usa contro Facebook pare sia una coincidenza. Scrive Massimo Gaggi (“Corriere”, 6/10): «Sabotaggio? Stavolta è stato subito evidente che gli hacker non c'entrano: il colossale black out è stato provocato da errori degli stessi ingegneri di Facebook». La sintesi della sintesi è di Massimo Gramellini (“Corriere”, 5/10): «Si è spento il mondo» e di Marco Lombardo: «Il mondo si spegne». E magari si sono accesi i cervelli.
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