sabato 28 dicembre 2019
Se durante le feste ricevessi in dono una bacchetta magica capace di risolvere uno – uno solo – dei mali che affliggono l'economia e la società in Italia, non avrei alcun dubbio: sceglierei di eliminare i "Neet". Infatti il nostro Paese detiene da anni la maglia nera in Europa nella classifica dei giovani che non studiano e non lavorano (Not in Employment, nor Education and Training). Da noi rappresentano il 28,9 per cento nella fascia d'età tra i 20 e i 34 anni, quasi il doppio della media europea. Una percentuale che fa rabbrividire se confrontata con quella di Svezia (8 per cento) e Olanda (8,4 per cento), i casi più virtuosi nell'Unione. In un Paese come l'Italia che ha costruito le sue fortune sul valore del lavoro e sulla laboriosità creativa dei suoi abitanti, e che oggi è caratterizzato da una piramide rovesciata in cui la base sociale è sempre più povera di giovani, il fenomeno dei Neet è un "paradosso" sempre meno sostenibile. Circa 3 milioni di ragazzi italiani si muovono ogni giorno in una terra di mezzo senza (apparente) via d'uscita: da una parte sono ormai tagliati fuori da un sistema formativo che non ha fornito loro competenze spendibili, dall'altra non riescono ad entrare in un mercato del lavoro che sembra non aver alcun bisogno di loro e che rischia di trasformarli in "scoraggiati" senza speranza. Come potrebbe agire la bacchetta magica, se animasse le nostre politiche economiche e sociali? Costruendo finalmente connessioni adeguate all'interno della "filiera futuro", che coinvolge i mondi nei quali si formano la personalità e le prospettive dei giovani: scuola e Universita, accesso all'occupazione e mondo del lavoro. Con due obiettivi principali: tornare ad investire nella formazione professionale, un tempo fiore all'occhiello del Paese e oggi distrutta da una perversa cultura della separatezza tra formare e fare, e riformare sul serio i Centri per l'Impiego, che attualmente collocano una percentuale risibile di giovani italiani. Se mai il 2020 iniziasse così, potrebbe diventare un "anno bellissimo". Almeno per milioni di giovani italiani di oggi e di domani.
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