venerdì 26 febbraio 2021
Se si cerca nel grande dizionario letterario Bompiani, nella garzantina e perfino nel brillante percorso nella letteratura Usa del Novecento di Briasco e Carratello (Einaudi) il nome di James Earl Powers, un tempo celebre e apprezzato, non lo si trova, mentre ci sono scrittori molto meno significativi. Fu l'Einaudi (al tempo dei Pavese e delle Ginzburg) a proporlo con due splendide raccolte di racconti, Principe delle tenebre (ed. originale 1942) e Presenza di Grazia (1956) e con un romanzo, così presentato nella riunione redazionale del 3 ottobre 1962: «Calvino riferisce della Morte d'Urban del Powers; è il suo ultimo romanzo, incentrato sul tema della commercializzazione del cattolicesimo americano, e attraverso di esso di tutta l'America. Un libro amaro e pungente, di sicuro successo. Sì, lo si acquista». Powers era cattolico, e raccontò il mondo dei sacerdoti e dei fedeli con ironia bensì affettuosa, vedendo i rischi della "americanizzazione" della religione, dal punto di osservazione, in Urban, di una parrocchia del Middle West (Powers era dell'Illinois) e, come nei racconti, è infine la battaglia aperta tra tradizionalisti e novatori (nel senso dell'adeguamento della religione e dei suoi sacerdoti ai valori dominanti, non sempre ottimali), a venir raccontata con molto rispetto ma soprattutto con molto humour. Si sa come è andata a finire. E peraltro negli anni del secondo dopoguerra e negli anni d'oro di Powers (che, nato nel 1917, morirà nel 1999) il cattolicesimo americano guidato dal cardinale Spellmann si impose come una forza importante, ideologica e anche politica, ma pagando in più modi lo scotto del successo in un paese la cui classe dirigente era ancora rigidamente wasp (bianca, anglosassone, protestante): il primo presidente cattolico fu Kennedy, il secondo è Biden. Non furono pochi i tentativi della cultura cattolica di affermarsi, e se il bellissimo romanzo di Werfel su Bernadette (1941) e il bel film che ne trasse (1943) Henry King, che era, credo, un protestante, avevano aperto seriamente una strada, fu però fondamentale il successo di due filmacci di Leo McCarey, grande regista di commedie ma reazionario impenitente, La mia via (con Bing Crosby prete "moderno" e canterino, ma perfino la canzone del titolo era insulsa) e Le campane di Santa Maria (con Crosby e una Ingrid Bergman molto a disagio nel ruolo di una monaca anche lei "moderna" e "americana"). Sciocchezze ruffiane, mentre i racconti e il romanzo di Powers non lo erano affatto, e sapevano vedere e narrare una mutazione in atto, e conflitti più spirituali che culturali o sociali. Provate a rileggerli, e giudicate! Ma se nessun editore li riscopre?
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