martedì 8 aprile 2014
«Sinceramente non so se sia stata la mia email a provocare la modifica o se avessero già deciso di cambiare. O se altri abbiano scritto. Ma in ogni caso mi sembra un piccolo, grande passo avanti». È rimasto piacevolmente sorpreso Guido Artosin, un papà di Milano, quando ha scoperto che sulle Istruzioni del 730 e sul modello di quest'anno la dicitura “figlio disabile” era stata modificata in “figlio con disabilità”. E il cambiamento non riguarda solo i figli. Nel testo ci si riferisce anche a “persone con disabilità”. Nella sua email dello scorso dicembre all'Agenzia delle Entrate, Artosin ricordava la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità recepita dal Parlamento italiano nel 2009. E precisava: «In quanto padre di un figlio con disabilità, mi piacerebbe che lo Stato a cui appartengo, nel testo più diffuso tra gli italiani, quale è il modello 730, recepisca quello che a prima vista sembra un puntiglio letterale, ma che invece è un profondo cambiamento culturale».Perché di cultura, in fondo, si sta parlando. Una cultura più accogliente e più rispettosa delle persone – di tutte le persone – è il passo fondamentale che precede qualunque intervento si voglia pianificare a favore degli individui con fragilità. Un percorso sicuramente lungo – c'è ancora tantissimo da fare –, ma per il quale è necessario sia sempre più diffusa una mentalità di solidale, umano impegno civile. Una cultura, appunto. Che deve muovere dalla responsabilità di tutti: singoli, associazioni, politici. E, perché no, dalla volontà e dall'amore di un papà.
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