mercoledì 11 agosto 2021
La biografia di Pierre Drieu La Rochelle scritta nel 1958 dal belga Pol Vandromme fu tradotta da Alfredo Cattabiani nel 1965 e pubblicata dall'editrice Borla che egli dirigeva. Adesso viene riproposta da Oaks con il semplice titolo Pierre Drieu La Rochelle e un'importante introduzione di Armando Torno (pagine 168, euro 15). Un "maledetto", Drieu, la cui adesione al fascismo ha cancellato i meriti letterari di un autore che, scriveva Cattabiani nella sua antica presentazione, va annoverato «fra gli scrittori francesi che hanno avvertito più tragicamente e intensamente la crisi dell'uomo occidentale». Diagnostico della decadenza, Drieu pensò per tre volte al suicidio e nel 1945 si uccise con il veronal e con il gas. Aveva 52 anni. Vandromme articola la biografia intorno a quattro temi: la guerra, le donne, la decadenza, la politica. 1. Drieu La Rochelle partecipò convintamente alla Prima guerra mondiale: nel 1914 fu ferito nelle battaglie di Charleroi e di Champagne; nel 1915 andò a combattere nei Dardanelli, nel 1916 fu ferito a Verdun nella cruentissima carneficina senza vincitori né vinti. Nella Commedia di Charleroi, Drieu concluse: «Dedico la mia vita a distruggere questa cosa. Guerra alla guerra!». 2. Scrive Vandromme: «Il corpo della donna è sempre stato l'ostacolo che gli ha impedito di giungere all'anima, quel luogo nascosto ove si decide ogni cosa». Il suo acceso erotismo «è l'impotenza ad amare. Questa via sotterranea non lo può condurre in nessun luogo; aggrava la sua solitudine, rafforzando il senso del disprezzo». 3. La Borghesia sognatrice di Drieu è «sclerotizzata in una casta che non sa inserirsi nella storia, si racchiude sempre più in un mondo irrimediabilmente condannato a morire». Eppure, «egli insegna ad alcuni giovani nobili e stanchi che il male è in loro e non nell'epoca». 4. Quanto alla politica, l'abbaglio di Drieu è ormai troppo evidente per ragionarci sopra. Addirittura, egli vide in Hitler l'auspicabile confederatore d'Europa su base socialista e nel 1944 tra Stati Uniti e Russia sovietica scelse la Russia «perché non credeva più nelle capacità dinamiche del capitalismo liberale, ed era convinto che solo un regime totalitario avrebbe potuto promuovere l'unità europea». Solo dal 2012, quando una raccolta di sue opere entrò nella Bibliothèque de la Pléiade, «i giudizi che lo riguardano – scrive Armando Torno nell'introduzione – si sono fatti meno manichei; e ci si chiede qualcosa di più sull'opera di questo scrittore che stava dalla parte "sbagliata", ma coerente sino a cercare quell'annientamento per il quale non provò paura». Perfetto. Ma non ho ancora trovato una risposta convincente a questa domanda: perché gli autori "di destra", con le loro idee sbagliate, sono letterariamente migliori (scrivono meglio, insomma) rispetto ai colleghi "di sinistra" con le loro idee altrettanto sbagliate, anche se di segno opposto?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI