venerdì 4 luglio 2003
Le parole dovrebbero avere un senso. Anche in pagina. Qualche volta non capita. Ieri su "Sette"(3/7, p. 19) Elisabetta Rasy titola: "In India si può anche obbligare una ragazzina a sposare un cane". Poi racconta che questa cerimonia è celebrata dal "prete del villaggio". Prete? Si sa che ce l'hanno soltanto cattolici e ortodossi. E allora? Se le parole hanno un senso il racconto, in cui "prete" è ripetuto due volte, è falso. Chi lo spiegherà alla Rasy? Sempre ieri, su "Libero"(p. 13) titolo che cita Georges Bush, presidente Usa: "I gay sposati? Per me non esistono!"Il matrimonio è solo tra uomini e donne". Avrà tanti difetti, il nostro - anche quanto al senso di "guerra preventiva" - ma stavolta è giusto. Non si può avere tutto" Scherzi del caso, sempre "Libero", due pagine dopo, sempre titolo: "Nozze possibili tra giornali e tv". È chiaro che qui "nozze" non vuol dire proprio matrimonio, ma è una metafora. Cioè si fa per dire, come nel caso di "gay sposati". Ancora parole" Per capire cosa vuol dire "radici cristiane" d'Europa, e perché non si può fare a meno di ricordarle, segnalo ("Repubblica", 2/7, p. IX in Cronaca di Roma) una bella e vivace intervista di Luca Villoresi al notissimo regista Luigi Magni, che conclude così: "Sono pur sempre un romano, comunista da quarant'anni, cristiano da venti secoli". Paradossale l'accostamento dei due termini, ma il peso storico e culturale di venti secoli su quella bocca intelligente si sente tutto, con buona pace di quanti non vogliono capire. Ci fanno o ci sono? Se le parole hanno un senso, la prima"
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