sabato 27 gennaio 2018
Veleni. “Repubblica” (13/1, p. 22) con titolo: «Monsignor Becciu. La Santa Sede adesso è pronta a far consultare tutti i documenti». Sul dramma della povera Emanuela Orlandi il sostituto della Segreteria di Stato vaticana ribadisce dolore e partecipazione al dramma della famiglia e poi aggiunge: «La Segreteria di Stato non ha nulla da poter dare alla magistratura italiana perché ha già fornito, a tempo debito, tutte le notizie in suo possesso... Tutto è stato sempre trasmesso agli inquirenti italiani. Non abbiamo alcunché da nascondere… eravamo pronti ad accogliere la richiesta della famiglia Orlandi di poter consultare la documentazione in nostro possesso». Chiaro e netto. E “il veleno”? Non in cauda, ma in capite per due ragioni. La prima nel titolo, ove qualcuno ha inserito un «adesso» che nel testo non c'è, e così si fa intendere che finora – e per 23 anni! – la Santa Sede non era «pronta», ma «adesso» di colpo sì! Evidente, se non malafede, almeno inavvertenza e superficialità. Seconda ragione: stessa pagina, a firma Emiliano Fittipaldi, c'è sterminata la sintesi di tutte le accuse alla Santa Sede, senza un minimo dubbio. Qui però vale solo la malafede, certificata nella stessa pagina con il suddetto giochetto su prontezza e non prontezza... Veleno puro! Diluiti invece quelli a proposito del successo del “Don Matteo” su Raiuno. Sempre su “Repubblica” (13/1, p. 36) ironie sul fatto che ormai «gli adepti televisivi superano i fedeli che si recano in chiesa», e «Cattolici su la testa»! Don Matteo è «l'unico protettore dei valori», e ieri (“Il Fatto”, p. 18) è «eterna benedizione per la Rai». A completare, sempre lì (22/1, p. 10) l'opinione allegra di Marco Marzano. Titolo: «Don Matteo piace perché non assomiglia ai preti veri». “Il signore sì che se ne intende!” È stato lo slogan pubblicitario da Carosello tv di un brandy italiano. È l'attestato di una ostinata e ostile presunzione.
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