mercoledì 6 giugno 2018
Il nome magico è Petra, che è quello di una farina macinata a pietra che ha rivoluzionato il modo di fare la pizza, ma anche il pane e i dolci. Intorno a questa farina speciale sono nate scuole di formazione al Molino Quaglia di Vighizzolo d'Este, dove si impara il mestiere della massima distinzione qualitativa. E durante uno di questo corsi è accaduto qualcosa di inaspettato: otto donne, provenienti da zone ed esperienze diverse hanno deciso di mettersi insieme sotto la sigla di "Donne di pizza e di cuore" (simbolo la carta della regina di cuori) per sostenere il progetto P.e.t.r.a., acronimo di pratiche, esperienze, teorie, relazioni antiviolenza. Ovvero un Centro voluto dall'assessorato alle pari opportunità del Comune di Verona, che aiuta le donne che in qualche modo hanno subito violenza. Le otto donne, che hanno eletto come loro rappresentante Petra (nomen omen) Antolini, della pizzeria Settimo Cielo di Settimo di Pescantina, hanno deciso di incontrarsi più volte durante l'anno e di organizzare eventi per raccogliere fondi a favore di questa associazione. Le ho conosciute domenica scorsa a Bassano del Grappa, quando mi hanno consegnato un braccialetto di stoffa confezionato in carcere, come simbolo di rinascita di un materiale in disuso: un vestito strappato o una borsa scippata. Mi ha colpito questo sodalizio perché fa parte di quella storia mai scritta del principio di restituzione. Insieme ad altre donne hanno avuto occasione di ripensare al loro lavoro, di trovare nuove espressioni per quello che fino a una decina di anni fa era un prodotto, la pizza, che andava verso l'indistinto. E invece loro hanno dato un nome e un cognome alla pizza, attraverso topping e farciture con un'identità precisa, grazie ai prodotti trasformati di ogni territorio. Un esempio? Le pochette di pizza con brunoise di pomodoro e formaggio Monte Veronese fresco, aromatizzate all'Amarone. Ma la loro creatività non ha limiti, se non quello di fare una pizza con il tempo necessario, senza scorciatoie di sorta. E se a Napoli la pizza è una rivisitazione del cacio e pepe che ricorda il sapore del ragù che si faceva in casa, con cotture lunghissime, Marzia, che s'è trovata nell'Abruzzo del terremoto, ha risposto con una pizza con fiordilatte, pollo allo zafferano dell'Aquila, mandorle e una spolverata di liquirizia di Atri. Tenacia, rinascita e distinzione, si potrebbe sintetizzare.
Curiosa è la pizza di Enrica, sui Colli Euganei, che ha aggiunto la curcuma nell'impasto per dare solarità a una pizza di pomodorini e fiordilatte abbinata al bicchiere di una donna del vino dell'azienda Selmin di Galzignano Terme.
Il progetto che sta sotto a questo sodalizio destinato a fare storia ripercorre in qualche modo la strada delle Donne del Vino. E a unirle è proprio un'idea, molto materna, di creare il buono per fare del bene.
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