giovedì 2 agosto 2018
Ieri qui (p. 13) un allarme: «L'integralismo islamico sarà il pericolo», e in troppi tg ennesimo orribile video di un ostaggio in veste arancione davanti ai carnefici del Daesh. E perché quel “sarà”? Ecco: qui su “Avvenire” (p. 13) riprendeva dal 20 gennaio 1993 un lucido intervento del cardinale Ersilio Tonini. Difficile pur dopo 25 anni non avvertirne l'attualità, ma tenendo conto che già allora nello scritto di Tonini non è l'islam come tale, la religione, a costituire il “pericolo”, ma il suo “integralismo”. Infatti di religioni e anche di integralismi è piena la nostra storia, e come per caso sempre ieri leggi (“Giornale”, p. 24) «Se la religione diventa guerra... Uccidi e muori in nome di Dio... ». Scrive bene il collega Cammilleri, ma nel suo racconto del passato trovo non troppo sottotraccia anche un rimprovero alla Chiesa cattolica di oggi come tale per una “tolleranza” attuale di troppo, frutto di un “buonismo” controproducente, e non di spirito di dialogo e fraternità che dice Vangelo... Per fortuna annoto che la conclusione addita l'esempio dei «cristiani dei primi secoli che seppero convertire l'impero romano muniti solo di una bellezza disarmata». Bella questa espressione: bellezza disarmata! E allora la profezia veramente cristiana non è tanto l'anticipazione di un futuro che nessuno conosce, ma il servizio disinteressato e gratuito per cambiare il presente, che è diritto di tutti. E la vera “conversione” di persone e di popoli non è frutto di conquista che reclama nostalgicamente il ritorno a tempi nei quali “si contava di più” e lo si dimostrava con strumenti di forza, ma con la mitezza lucida alla Tonini, se si vuole, ricordando che anche a lui toccarono momenti duri di incomprensione. Li vinse aprendosi all'abbraccio e convertendo se stesso a imitare Uno, «mite e umile di cuore».
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