«Nuova cultura dell’acqua» adatta al clima che cambia
lunedì 26 febbraio 2024
I
tecnici hanno già dato un nome al nuovo
traguardo che occorre raggiungere: “Una nuova cultura dell’acqua”. Perché in fatto di risorse idriche gli sprechi seguono agli sprechi, i conflitti ai conflitti, le demagogie alle demagogie in un (apparentemente) eterno ciclo che fa passare il Paese dalle grandi siccità alle alluvioni più devastanti. Certo, il cambiamento climatico fa sentire ormai i suoi effetti, ma decenni di non-gestione del territorio dal punto di vista idrogeologico hanno determinato una situazione spesso insostenibile. Ancora una volta è l’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi) a scattare la fotografia più affidabile della realtà. Anche in queste ore di piogge in molte aree della Penisola, spiegano i consorzi, «c’è il filo rosso della siccità a collegare l’assetata Sicilia con il Piemonte». Tecnicamente, si tratta di un «quadro di anomalie termiche» al quale si aggiunge una «costante escursione idrica». Detto in altre termini, l’Italia (e non solo l’Italia) soffre da tempo non solo di temperature più elevate rispetto alle medie stagionali, ma di alti e bassi nella disponibilità di acqua che generano scompensi sempre più gravi sul territorio. Dice ancora l’Anbi: «I corsi d’acqua sono ormai caratterizzati spesso da un andamento torrentizio, se non addirittura da fiumara o da uadi africano (alveo di un corso d’acqua a carattere non perenne, tipico delle zone desertiche)». E non basta perché «la costante escursione idrica indebolisce la tenuta degli argini». Cosa significa tutto questo? Che, per esempio, appena piove in abbondanza l’acqua rischia di far disastri rompendo argini e invadendo campi e abitati finendo poi persa nella gran parte dei casi Ma quindi che fare? Ciò che conta sono da una parte gli investimenti in miglioramenti dei canali e dei bacini di raccolta (cosa che in effetti si sta facendo), e dall’altra lo sviluppo di un attento controllo del territorio. Anbi sottolinea con ragione: «È indispensabile non abbassare la guardia sul rischio idrogeologico, distratti dai ricorrenti allarmi siccità. L’ormai acclarata imprevedibilità dei fenomeni meteo può trasformare in breve tempo un alveo asciutto in un’irrefrenabile forza distruttrice. È necessario non dimenticarlo negli strumenti urbanistici, ma soprattutto è quantomai urgente il varo della legge contro l’inarrestabile consumo di suolo, che aumenta i rischi per il territorio». Poi, certo, ci vorrà una nuova cultura dell’acqua, da raggiungere per gradi successivi. © riproduzione riservata
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