Nella «Lukas-Passion» di Schütz il mistero della Settimana Santa
domenica 7 marzo 2010
In modo quasi paradossale, l'approccio richiesto dall'ascolto della Lukas-Passion di Heinrich Schütz (1585-1672) si avvicina maggiormente alla sfera teatrale che a quella prettamente musicale; nel corso degli otto numeri in cui è suddivisa la partitura si assiste infatti a una vera e propria mise en scène, grandiosa non tanto in termini di forze in campo o per maestosità di concezione, quanto per la profondità del segno artistico e spirituale impresso dal compositore tedesco.
La narrazione dei momenti cruciali della Settimana Santa viene enunciata solennemente in tono quasi retto, senza accompagnamento strumentale o particolari abbellimenti vocali; la spina dorsale dell'intera opera è infatti rappresentata da una sorta di recitativo secco di ascendenza gregoriana che contrassegna gli interventi preponderanti dell'Evangelista come anche le citazioni dei discorsi diretti tra Gesù, Pietro, Pilato e gli altri protagonisti della Passione, con le sole eccezioni rappresentate dai due splendidi brani polifonici che aprono e chiudono la partitura (Exordium e Conclusio) e gli episodi contrappuntistici che riguardano le brevi sezioni affidate a discepoli, popolo e sacerdoti.
Ed è una lettura di alto spessore drammaturgico quella che ci viene offerta dai cantanti del gruppo corale Ars Nova Copenaghen sotto la direzione attenta e scrupolosa di Paul Hillier (cd pubblicato dall'etichetta Dacapo e distribuito da Ducale), che riporta alla memoria il clima austero di una sacra rappresentazione medievale, prosciugata nella forma e nel linguaggio attraverso uno stile esecutivo severo e disciplinato; un approccio rigoroso che racchiude comunque al proprio interno anche un particolare effetto enfatico e permette di porre l'attenzione sulla centralità della Parola evangelica, unica e autentica fonte di verità. Un esercizio per il cuore e per la mente che nasce, come sottolineò il teologo Martin Geier in occasione dell'orazione funebre di Schütz, «da uno stile volutamente arcaico e deliberatamente lontano da ogni legge o moda del tempo, eppure rorido di limpida freschezza, causa non ultima ancora oggi dell'innegabile fascino che ne sprigiona». Parole che per noi ascoltatori del Terzo Millennio risuonano oggi come una sfida più che mai attuale.
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