Nei madrigali e mottetti di Ferrabosco risuona la poesia di Petrarca e Tasso
domenica 23 ottobre 2005
Un'ombra lunga offusca l'intera vicenda biografica del musicista Alfonso Ferrabosco (1543-1588), chiamato "il Padre" per poterlo distinguere dall'omonimo figlio (anch'esso valente compositore); la fama e l'onore che sono derivati dagli eccellenti frutti della sua arte sono sempre stati infatti velati dalla fama sinistra della reputazione di un individuo considerato a metà strada tra la spia e l'agente segreto, coinvolto in trame sinistre e doppigiochi, costantemente sorvegliato e pedinato, giudicato dai tribunali civili e dall'Inquisizione, accusato di apostasia e alto tradimento, addirittura indiziato di omicidio e quindi incarcerato. Ma neppure dalle cronache del tempo si riesce a ricostruire la vera identità di una figura che ha forse avuto l'unico torto di aver tenuto un costante rapporto con i potenti vertici della vita religiosa e politica europea; morto a soli 44 anni, nella sua pur breve esistenza Ferrabosco è riuscito a trovare inizialmente impiego presso il Cardinale di Lorena Charles de Guise, a ricoprire per lungo tempo incarichi diplomatici e di alta rappresentanza alla corte anglicana della regina Elisabetta I d'Inghilterra, per poi entrare al servizio del Cardinal Farnese a Roma e infine di Carlo Emanuele I, Duca di Savoia. Intrighi e complotti rimangono però fortunatamente ben lontani dalla sua musica, il vero motivo grazie a cui è passato alla storia; a rinfrescarcene la memoria, ecco lo splendido compact disc (pubblicato da Harmonia Mundi e distribuito da Ducale) in cui l'Huelgas-Ensemble e il suo direttore Paul Van Nevel hanno affiancato una triade di madrigali profani, su testi di Petrarca e Tasso, ad alcuni mottetti spirituali e soprattutto al grandioso adattamento musicale del Salmo 103 "Benedic anima mea Domino". Un variopinto polittico che disvela progressivamente le sue magnifiche ante, in un continuo alternarsi di chiaroscuri timbrici e sonori giocati tra le diverse sezioni a 3, 4, 5 o 6 voci, dove la tradizione inglese del consort di viole da gamba e quella della raffinata polifonia di scuola italiana confluiscono in una grande trama melodica sopra cui intonare con dolcezza soave l'"Inno a Dio creatore"; il canto di fede in cui si riconosce qualsiasi anima, anche quella del peggior peccatore.
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