mercoledì 11 novembre 2009
L'essere stato accanto a Giovanni Paolo II per oltre vent'anni come direttore della Sala Stampa vaticana e membro di importanti delegazioni internazionali, ha conferito a Joaquín Navarro-Valls una straordinaria apertura mentale, alla quale peraltro era naturalmente predisposto, oltre che una riconosciuta autorevolezza nel mondo degli opinion makers. Ritroviamo queste qualità, condite con il garbo dell'uomo di mondo, nella raccolta di scritti giornalistici pubblicata da Mondadori con il titolo A passo d'uomo. L'esperienza accumulata in tanti anni di lavoro poteva polverizzarsi in una pur interessantissima aneddotica, ma Navarro-Valls ha scelto un'altra strada. Nell'ordinare gli articoli prevalentemente apparsi in anni recenti su la Repubblica, insieme ad alcuni inediti, egli, prendendo spunto dall'attualità, si mostra attento a far emergere il senso e non solo la cronaca degli avvenimenti, interpretandoli secondo una precisa antropologia, incentrata sulla wojtyliana «trascendenza personale». Può sembrare strano, ma il protagonista ecclesiale del libro non è Giovanni Paolo II, al quale Navarro-Valls dedicherà " speriamo presto " il libro che in molti aspettiamo, bensì Benedetto XVI. Di Joseph Ratzinger, cardinale e Papa, emerge un ritratto affettuoso e incisivo, in cui le sfumature temperamentali si fondono con il rigore razionale e la profondissima fede che innervano un magistero eccezionale, declinato in afflato pastorale. Ma è sufficiente questa frase del capitolo «Reagan, Giovanni Paolo II e il Muro caduto» per far capire la profondità dello scandaglio con cui Navarro-Valls ha misurato l'animo del grande pontefice: «Il principio ispiratore della politica di Reagan era la vittoria dell'Occidente, mentre quello di Wojtyla era l'autocoscienza nazionale dei popoli slavi, schiacciati dal totalitarismo sovietico». Fra le molte qualità giornalistiche di Navarro-Valls non manca neppure una bella dose di diplomazia. Per esempio, il capitolo oggettivamente severo su Zapatero si conclude così: «La speranza, alla fine, è che tra le molte e buone idee di Zapatero ricompaia e torni a crescere anche quella più importante e più progressista di tutte: l'idea di democrazia». Invero, le «molte e buone idee» di Zapatero vengono azzerate dalla denunciata assenza di democrazia. I capitoli sono raggruppati in 4 sezioni: «Incontri», «L'uomo e la modernità», «Questioni globali», «Laicità, valori e scienza». Il solido edificio intellettuale di Navarro-Valls, che gli consente di ragionare anche su Marilyn, sulla differenza di genere, sulla questione ecologica, sulla preghiera islamica in piazza Duomo a Milano, si fonda sulla nozione di natura, che a sua volta diventa il fondamento dei diritti umani: «Certo, noi non sappiamo definire sino in fondo che cosa s'intenda per natura umana. Ciò che conta è, però, che tale condizione naturale sia sempre sottratta al gioco delle opinioni e delle interpretazioni correnti, facendo invece riferimento a un'idea universale e valoriale di essere umano, la cui salvaguardia si accompagna alla salvaguardia della democrazia stessa. Distinguere quanto è naturale da quanto in politica è negoziabile non è una scelta facile in democrazia, ma è l'unica vera scelta non democratica necessaria per la vita della democrazia stessa». Non si potrebbe dir meglio. La mia pignoleria si spinge fino a sottolineare in rosso (non in blu) espressioni come «non si può fare di tutta un'erba un fascio«, anziché «di tutta l'erba un fascio» (di tutta un'erba è giusto fare un fascio, ma tutta l'erba renderebbe disomogeneo il fascio), o qualche residuale ispanismo come «riconoscenza» al posto di «riconoscimento». Ma si tratta di quei graziosi nei che impreziosivano il bel volto delle dame del Settecento.
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