“Narcotica”, tv eroica ma da prima serata
venerdì 17 luglio 2020
O raccogli foglie di coca o ti arruoli nella guerriglia. Non hanno scelta i bambini del Catatumbo, al confine tra Colombia e Venezuela. Il loro futuro sarà comunque una forma di schiavitù. Soltanto don Rito Alvarez, prete di frontiera, potrà salvarli portandoli nella sua Fondazione a studiare. Lo racconta con autentico piglio giornalistico, quello della vera inchiesta sul campo (e che campo!), Valerio Cataldi con il suo Narcotica (giovedì, Rai 3, seconda serata), che già ci aveva favorevolmente impressionato l’anno scorso con la prima serie. Cataldi, con altre cinque puntate (ieri è andata in onda la seconda), continua, con la collaborazione di Raffaella Pusceddu, a documentare cosa si nasconde dietro al commercio mondiale di sostanze stupefacenti, partendo proprio da quei Paesi dell’America Latina e dal Messico dove si contano le prime vittime del narcotraffico: dai campesinos ai bambini che ogni giorno raccolgono 15 chili di foglie di coca, ai giornalisti assassinati, agli studenti scomparsi, alle comunità indigene. È in quei territori deforestati per fare spazio alle coltivazioni illecite che prende avvio una filiera della morte che si conclude anche in Italia con lo spaccio al dettaglio e un giro d’affari che ha reso la ‘ndrangheta una potenza economica internazionale. Anche questo viene documentato in presa diretta seguendo i blitz della Guardia di Finanza. È lo stile di Cataldi e dei giornalisti di razza quello di immergersi nelle situazioni, rischiando pure la vita, senza rinunciare, trattandosi di televisione, alla cura delle immagini, alla costruzione dell’inquadratura (quando possibile), ai particolari, ai primi piani. Presentando la serie, mercoledì scorso su queste pagine, Angela Calvini faceva riferimento alle formiche che nel pensiero di Cataldi rimandano allo sfruttamento dei bambini del Catatumbo. Ebbene, quelle formiche e quel parallelo Cataldi ce l’ha mostrato materialmente con le immagini prima ancora che con le parole. E come sempre succede in questi casi, ci si domanda perché certi reportage, che sono un modo diretto per rendere consapevoli di fenomeni criminali che a livello planetario mettono a rischio esseri umani e ambiente, non trovino una collocazione oraria migliore.
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