sabato 24 aprile 2004
Si è presa la pessima abitudine di credere che dove ci sono suoni musicali, c'è necessariamente musica. Tanto varrebbe dire che c'è letteratura dove c'è chiacchiericcio e pittura dove s'imbratta.
A scrivere queste parole è ovviamente un musicista, Camille Saint-Saëns (1835-1921), autore di un'imponente produzione teatrale e sinfonica e di una Chiacchierata sul passato, il presente e l'avvenire della musica (1884) dal quale abbiamo tratto la nostra citazione. Per chi è un po' avanti negli anni la tentazione di applicare questa osservazione alla musica giovanile, ad esempio all'hard-rock, è forte. Certo è che ai nostri giorni i confini tra arte e sfregio si sono fatti sempre più labili. Artificiosamente si cerca di allargare lo spazio dell'arte anche laddove c'è deserto: esemplari a questo riguardo sono le difese dei graffiti che deturpano muri, monumenti, vagoni delle nostre città. In qualche caso si può anche concedere un guizzo di originalità ma nella quasi totalità dei casi si è in presenza di puro e semplice vandalismo, di brutture e volgarità.
Ma lasciamo perdere la nota di Saint-Saëns, che pure condividiamo, e fermiamoci su un tema particolare, quello del rumore. Certo, esiste un rumore di fondo, proprio di una civiltà delle macchine com'è la nostra. Ma ciò che è cresciuto in modo esponenziale è il fracasso, assordante e destinato a ferire udito e cervello, a impedire silenzio e riflessione, a ostacolare la pacatezza e l'armonia, sepolte sotto una valanga di boati e scoppi. Forte, allora, è la tentazione di citare il vecchio Giusti e il suo Re Travicello: «Calò nel suo regno con molto fracasso; le teste di legno fan sempre del chiasso».
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