martedì 22 agosto 2017
«La necessità del lutto»: domenica ("Sole 24Ore", p. 1) Carlo Ossola riflette sull'attentato sulla Rambla e sulle reazioni che abbiamo visto in tv e letto su tante pagine: «Esecrazione... difesa dei valori dell'Occidente nella esaltazione della libertà» vissuta nei «luoghi idolo» che segnano l'identità delle nostre vite. Analisi giuste? Per Ossola no: «anche questa volta... carente e fuorviante». E la ragione principale sta per lui nella realtà della stessa Rambla, appena tolti di mezzo i cadaveri e «rimossi i segni di morte» ripresentata con vistoso «commercio, passeggi giù e su di turisti» che accendono lumini comprati sul posto, si scattano "selfie": così «tutto, e da subito, pare riprendere come nulla fosse».
E per Ossola – ecco il chiarimento opportuno – qui «non è solo un'offesa alle vittime, ma ancora il cedimento speculare alla visione che anima gli assassini». Forte e provocatorio? Sì, e anche chiarito così: i terroristi «qui come a Nizza falciando pedoni ignari dichiarano che l'uomo non vale nulla, è un birillo da buttar già in fretta, ma la risposta che diamo è del tutto simmetrica... occultiamo nell'indifferenza la morte e riprendiamo al più presto i traffici quotidiani... Non fermarci dinanzi alla morte, non circondare quei nomi di un silenzio ampio e collettivo (...) è confermare, anche da parte nostra, che la vita non vale nulla: che si può tornare a calpestare il selciato ancor caldo di sangue e di morte».
Provocazione opportuna. E Ossola elogia i turisti che sono subito partiti non per paura, dicendo agli intervistatori curiosi e spesso indecenti che «nulla – per loro – era più come prima». Lo "show" deve andare avanti? Può bastare un minuto prima dello spettacolo del calcio? Quando in ballo è la vita, la civiltà, la storia delle idee che hanno costruito il mondo occorre appunto "elaborare il lutto": per continuare a vivere da uomini liberi...
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