mercoledì 7 novembre 2012
Avvicinare le mistiche nei loro scritti finisce per essere, a differenza di quel che potrebbe sembrare a chi non le abbia mai accostate, un'esperienza di libertà. Sì, di libertà. Folli è l'aggettivo più usato per definirle. Ma di cosa è fatta questa "follia"? Che imperdonabili qualità nasconde? Le mistiche sono esigenti, ostinate, implacabili. Si avventurano nei labirinti dell'ignoto, sfidano ogni nebulosità, oscurità, caduta, e i loro viaggi le rendono libere. Non vogliono nulla, non si preoccupano di nulla, il loro cuore è fermo, solo gli occhi vivono, e allora vedono molte cose che non si erano mai viste, e tutto è avvolto in una rete di luce. Chiara d'Assisi, per esempio, con i suoi piedi leggeri che non sollevano la polvere, o Giuliana di Norwich, composta di fronte a "rivelazioni" che farebbero tremare i polsi. Dalle loro pagine erompe una strana serenità. Matilde di Magdeburgo viene ammonita così: «Se andrai lassù, sarai accecata perché l'amore di Dio brucia». Lei risponde, come una cantante blues: «I pesci non possono annegare, né gli uccelli affondare nell'aria! Ogni creatura deve seguire la sua natura… come potrei resistere alla mia?». Ferree, incontenibili, si muovono liberamente secondo un compito non scritto, e trovano una folle, invidiabile tranquillità.
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