venerdì 5 maggio 2017
Per un breve periodo, ho lavorato molti anni fa nei Focolari di semilibertà (ideati e diretti tra gli altri da Giuseppe De Rita, poi fondatore del Censis), che avevano il compito di strappare per un tempo al loro ambiente gli adolescenti difficili. Erano case-famiglia (un modello simile a quello della Nomadelfia di don Zeno Saltini) per una quindicina di ragazzi “a rischio” cui si doveva trovar lavoro in un paese e far vivere l'esperienza di una famiglia sui generis ma anche quella di una comunità non disastrata. Con la realtà della “rieducazione” ho avuto dunque a che fare, è più tardi ho mantenuto i rapporti con molte case-famiglia, a cominciare da quelle aderenti al Cnca, per bambini e ragazzi dalle storie complicate. I Focolari erano sottoposti al controllo del Tribunale per i minorenni, come giusto, ma credo abbiano evitato molto lavoro a quell'istituzione, e salvato dall'abbandono e dal crimine non pochi giovani. Era un bel lavoro, mi piaceva molto. Più tardi lessi un libro che mi illuminò sul senso di quel lavoro, I vagabondi efficaci, di un grande educatore francese, Fernand Deligny, edito da Jaca Book in una brutta traduzione e purtroppo mai ripubblicato (ci si sta pensando alle Edizioni dell'asino). In sostanza, diceva Deligny, si tratta di aiutare i «vagabondi» (ma potremmo anche dire i “delinquenti”) aiutandoli a trasformarsi, a diventare «efficaci» e cioè forze attive in una società, non passive. Lo scopo della rieducazione è quello di formare cittadini che possano contribuire al meglio alla vita della società, invece che esserne pesi morti o intralci negativi. Ho pensato a Deligny e a cosa avrebbe detto del progetto di riforma, molto discusso in questi giorni in Italia, che si propone di riportare tutto ai tribunali ordinari, per risparmiare sul bilancio. Devono sparire le mediazioni, e i mediatori, i rieducatori, gli assistenti sociali, i giudici minorili e specifici, tutti considerati come pesi superflui per le tasche dello Stato. Ma di risparmio in risparmio e di taglio in taglio al nostro welfare, chi se ne avvantaggia? Lo Stato cede il passo, si raggrinzisce per far piacere al privato, subisce tutti i ricatti della finanza e della sua ideologia e si chiude sulla logica del profitto invece che aprirsi su quella della solidarietà e della giustizia. Tutto quello che sta in mezzo tra il ragazzo difficile e il tribunale (che poi vuol dire quasi sempre un destino carcerario, vuol dire la pena e non il riscatto), mi pare che questa proposta di legge voglia ridurlo all'osso o al niente. E penso in particolare che ad andarci di mezzo saranno soprattutto i giovani immigrati, e l'idea stessa della possibilità di fare dei giovani difficili e disturbati dei cittadini consapevoli e generosi, quei “vagabondi efficaci” che Deligny sognava come una parte altamente propositiva della società.
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