venerdì 23 novembre 2012
Sento già qualche malinconico attizzatore introdurre Muntari nel supermatch (non da scudetto?) che domenica, a San Siro, vedrà opposta la Juventus al Milan. Come se il nostro campionato dovesse passare agli annali del calcio più per scemenze arbitrologiche che per valori tecnici. Forse perché si vuole consolidare il masochistico concetto di un torneo povero. «Visto le spagnole? – dicono soddisfatti gli esterofili – Son già tutte qualificate!». Eppure siamo reduci dalla gustosa visione di due match di Coppacampioni trionfalmente vinti delle nostre derelitte compagini; e contro avversari temibili; e con triplette di bellissimi gol. Noi poveri? Che dire del Chelsea europeo che ha subito le ire di una Juve strepitosa ed è affondato con il suo comandante, l'ottimo Di Matteo, disarcionato da Abramovic, lo Zamparini dei ricchi? E che dire del furioso Anderlecht ingannato da un Milan finto depresso, in realtà rinvigorito dalla promenade napoletana? Il gol di Quagliarella - il vero unico bomber juventino di cui Conte s'è accorto in ritardo - accompagnato dall'ormai abituale fiondata di Vidal, e il rinnovato colpo di classe di El Shaarawy, seguito da altre due bellissime reti, hanno rappresentato il meglio della notte di Coppe. Così domenica non vedremo a San Siro scendere in campo due comari litigiose ma due squadre che hanno scritto la storia del calcio italiano e son decise a riprendere con orgoglio e bravura il cammino europeo: il Milan con la serenità di chi è stato sempre protagonista in Champions dagli anni della fondazione; la Juve con la rabbia e l'orgoglio di chi ha dovuto trascorrere lunghi anni nel purgatorio della provincia, prima nell'attesa di una Coppa Uefa eppoi dopo la sciagurata esperienza di Calciopoli. Il Milan, in particolare, proprio perché chiamato alla prova dopo la prestigiosa vittoria juventina, sembrava ai più condannato a un penoso inseguimento: e invece ha tagliato per primo il traguardo della qualificazione e regalato, insieme al solito gol del solito Faraone, oggi il miglior prodotto nostrano, la rete-meraviglia del reprobo Mexes - più convincente nei panni del bomber che in quelli dello strenuo difensore - e la voglia di rinascita di Pato, che non è solo un fiore tenuto artificiosamente in vita nella serra berlusconiana; Galliani ha visto e applaudito solo la prodezza di Mexes e condivido il suo polemico entusiasmo: come avevo già avuto modo di dire dopo la rovesciata di Ibra, Giove Palla ha prodotto ben altri capolavori ma siccome gli inglesi hanno scomodato il mondo e la storia per inneggiare allo svedese, tanto vale lasciarsi andare a un botta di sciovinismo per un'impresa ancor più difficile e degna d'essere accompagnata dalle note della Marsigliese. Se volevamo segnali di rinascita tricolore, questi son venuti, insieme alla ribadita grandezza del Contropiede, la bell'arma dei nostri maestri.
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