venerdì 20 aprile 2018
«In un Paese come il Brasile, dove le favelas sono separate dai quartieri ricchi da muri che fanno da confine e guardie che impediscono ai poveri di uscirne, Garrincha è colui che è passato dall'altra parte, che è volato oltre il muro, proprio come un passerotto…», scriveva di Mané (il passerotto) Ugo Riccarelli, e con eguale poesia, nella sua "Ode" il bracconiere di storie italobrasilere Darwin Pastorin. Garrincha è stato la più grande ala destra di sempre, nonostante sia venuto al mondo con le gambe "seccate" dalla poliomelite. Da bambino, poteva solo ammirare l'amico Joao Paulo Pirinha che correva libero e sano dietro a un pallone. Un giorno quel pallone di stracci finì sotto i piedi di Garrincha: «Vieni a prendertela…», lo sfidò Mané, che per stare ritto si appoggiava al braccio del padre. Quando Pirinha gli fu a un passo, Mané allungò la gamba e scattò. Fu il primo dribbling dell'Alegria do povo (l'allegria del popolo) Garrincha. Con il Brasile ha vinto due Mondiali e nelle 60 partite disputate ne ha persa solo una (contro l'Ungheria). Ma giocando assieme a Pelè, non conobbe sconfitta. Però Pelè divenne un Re con la sua corte, mentre Garrincha anche quando era ormai diventato ricco e famoso tornava a Pau Grande, a giocare con i bambini sulla polvere, a distribuire sorrisi e cruzeiros, donando di cuore all'amico d'infanzia la sua auto «lunga come una nave». Pirinha girava senza denti ma al volante di una spider di sei metri: l'ultimo regalo di Mané al suo popolo tristemente allegro.
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