venerdì 26 ottobre 2012
Riapro un saggio del filosofo Hans Jonas, uno degli iniziatori del dibattito sulla bioetica. Il titolo contiene una parola che sempre di più si fa strada come una delle più importanti, o dovrebbe: Principio responsabilità. Responsabilità verso le generazioni future, mentre svaniscono le ultime certezze sui modelli di sviluppo prefigurati dalle «euforie della modernità». Responsabilità nello sfruttamento della natura da parte delle tecnologie, che hanno smesso di essere una sfera neutrale dell'agire umano. L'uomo è diventato più pericoloso per la natura, sottolinea Jonas, di quanto la natura lo sia stata per lui: non è più la nuda natura, ma il potere conseguito per dominarla a minacciare l'individuo e la specie. Alle tante fratture sociali che ostacolano il cammino verso una «umanità unificata» si sono aggiunte le contraddizioni che oppongono come antagonisti non più il passato e il presente, ma il mondo di oggi e il mondo di domani. Il problema della responsabilità non riguarda soltanto la sopravvivenza, ma l'unità della specie e la dignità della sua esistenza. Se siamo liberi di essere irresponsabili verso la nostra vita, possiamo esserlo verso la vita di chi verrà dopo di noi? «Anche se Dio è morto» ammonisce Jonas «l'uomo deve poter continuare a essere concepito a sua immagine e somiglianza».
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