martedì 30 agosto 2016
Mettersi contro i matrimoni è come agire contro la forza di gravità. Ci aveva provato anche don Rodrigo, con la ben nota storia ma i nostri Renzo e Lucia furono felici più che mai. Di vicende, ognuno potrebbe raccontarne una manciata. Questa che voglio narrare ha decisamente sorpreso anche me. In una città di un'altra nazione, come usavano scrivere i librettisti nelle opere liriche dell'800, accadde esattamente così. Lui, funzionario dello Stato, più lustro di fuori che di dentro, in età matura, incontra una brava nubile, devota e stipendio—munita. I pochi amici devono fingere di non sapere che lui si è insediato a vivere presso la nostra protagonista, la cui mamma si duole molto per questa frequentazione. Passano gli anni e si ritrovano vecchi ma il matrimonio non viene al mondo. La natura, si sa fa il suo corso. Lei spera, lui nicchia. Così, di gradino in gradino, all'ingiù, il nostro uomo si trova in ospedale, su quel che si chiama il letto di morte. Un buon amico gli organizza l'incerto matrimonio, con tanto di funzionaria comunale. Alla domanda cruciale «Vuoi tu…?» l'uomo bisbiglia un mah! L'amico amplifica: «Ha detto sì, ha detto sì!» La funzionaria, presa da chissà quale bontà, conferma il sì. C'è pure un brindisi con smorfia di sorriso. «Questo matrimonio s'aveva da fare».
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