domenica 4 marzo 2012
Dopo la chiusura, all'inizio dell'anno, del "giornale comunista" Liberazione, anche il Manifesto, ormai ultimo "quotidiano comunista", si trova – come i lettori sanno – in condizioni economiche disastrose, tanto da essere stato costretto a una amministrazione controllata, che equivale quasi a un fallimento. Siamo solidali coi colleghi, a giudicare dalle parole scritte e da quelle pubblicamente dette dai rispettivi direttori (tre a zero per Avvenire) assai più di quanto loro lo siano stati con noi quando siamo stati sotto attacco. Ma il Manifesto forse questo subisce perché ormai «la classe operaia è andata in paradiso», echeggiando il titolo di un vecchio film di Elio Petri (1971), e quindi gli manca il suo terreno di coltura. Sta di fatto che, da circa un mese e insieme con una affannosa raccolta di fondi, è cominciata, nella sua redazione e secondo la più classica dottrina di tutti i partiti comunisti, l'autocritica alla ricerca delle cause che hanno portato a questa situazione. Impossibile in poche righe darne conto. Tuttavia alcune parole nei titoli a pagina 9 di giovedì scorso, che contiene persino una "psicoanalisi" della situazione, sembrano illuminanti. Sono: "Zitti no!", "Il miracolo manifesto", "Un giornale-dio" e la foto del direttore del Corriere della sera, che ha risposto all'appello del "mille per mille" (mille euro da mille lettori). Vediamo perché. "Zitti no!": fa piacere vedere gli epigoni dei regimi comunisti farsi difensori della libertà di stampa. "Il miracolo manifesto": è significativo che un giornale ateo evochi un fenomeno tipicamente religioso. Infine "Un giornale-dio", che sembra un gesto di auto-supervalutazione, contraddetta, però, dai fatti, primo dei quali l'accettazione del… soccorso "capitalista". Tutto questo non è certamente comunista ed è sperabile che il "quotidiano comunista", al quale auguriamo di nuovo di vivere, se ne renda conto e rinunci ai suoi testardi tentativi di far rivivere quel "fantasma" che si aggirava per l'Europa già nel 1848...

ARITMETICA
L'Unità chiede (26 febbraio) che tutte le scuole cattoliche paghino l'Imu per fare «un po' di carità alla scuola pubblica». Meglio un po' di aritmetica. Per risparmiare sei miliardi, grazie al milione di ragazzi che non frequentano le sue scuole, lo Stato aiuta le scuole paritarie con un modesto sostegno. Se, per pagare l'Imu, queste dovessero aumentare le rette, un considerevole numero di studenti si trasferirebbe nelle scuole di Stato, il maggiore incasso dell'Imu sarebbe modestissimo, mentre sarebbe molto più grave la spesa dello Stato. Senza considerare il diritto delle famiglie alla libertà di insegnamento.

DIVISIONI
«Sull'Ici arriva l'anatema dei vescovi» (Repubblica, 26 febbraio). «Il Papa scomunica i genitori a tutti i costi» (Libero, domenica scorsa); «La Chiesa attacca i violenti della Valle». Stalin aveva ragione: «Quante divisioni ha il Papa?». Forse leggeva i giornali italiani.

PATENTI
Discesa in campo (anche loro!) dei ginecologi «in aiuto dei giovani». Lo annuncia Oggi (mercoledì 29): «Sesso, fate l'esame per il patentino». L'hanno già preparato quei bravi medici e il settimanale ne pubblica la foto.
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