mercoledì 25 settembre 2013
Il piccolo libro di Francis Galton, Indagini statistiche sull'efficacia della preghiera (il melangolo, pp. 72, euro 7) è utile per valutare fin dove può giungere la stupidità umana.Francis Galton, cugino longevo di Charles Darwin (era nato nel 1822, ed è morto soltanto nel 1911) pur non avendo terminato gli studi né di medicina né di matematica, si è occupato pubblicisticamente di antropologia, di statistica, di meteorologia, di biometria ed è stato uno dei fondatori dell'eugenetica, disciplina che Hitler porterà alle estreme conseguenze.Il libello, tradotto per la prima volta in italiano da Romolo Giovanni Capuano, vorrebbe dimostrare «scientificamente» che le preghiere sono inutili per cambiare il decorso delle malattie, e non allungano la vita. Per esempio, da un'indagine fra gli «Uomini eminenti» descritti nei 32 volumi del Dizionario biografico generale di Alexander Chalmer (1759-1834) risulta che la vita media degli ecclesiastici (che, presumibilmente, sono persone di preghiera) è di 66,42 anni, sostanzialmente uguale, anzi, leggermente inferiore a quella degli uomini di legge (66,51), e dei medici (67,07). Quindi, deduce «scientificamente» Galton, la preghiera non serve.È umiliante discutere con simili interlocutori, e tuttavia facciamo osservare che attribuire a una sola causa fenomeni di causalità complessa è, direbbe Galbraith, come dipingere di rosso il raggio di una ruota e dire che è quello a spingere gli altri.La metodologia proposta da Galton, peraltro desunta da John Tyndall che ne scrisse prima di lui, sarebbe quella utilizzabile per verificare l'efficacia di un farmaco, somministrandolo a un gruppo campione da confrontare con un analogo gruppo che non ha subìto il trattamento. A parte che anche in questo caso ci sarebbe da discutere sulla correttezza della procedura statistica, Galton non dà alcun risultato numerico su una campionatura di quel genere da lui solo ipotizzata, limitandosi a conclusioni del tipo: «I missionari muoiono come mosche appena giunti nel nuovo paese»; quindi, nonostante le preghiere, «il missionario non è dotato di una salute soprannaturale». Inoltre - e questa, per Galton, sarebbe la riprova - gli assicuratori nello stabilire le loro tariffe, non stanno a guardare se il cliente prega o no.Il curatore riporta correttamente la definizione di preghiera che ne dà il Catechismo della Chiesa cattolica come «elevazione dell'anima a Dio», e anche come «alleanza» e «comunione», ma poi, con Galton, intende la preghiera come una sorta di esorcismo magico per ottenere un miracolo, e si domanda: «Una preghiera di trenta secondi ha lo stesso valore di una preghiera di dieci minuti?».Già sant'Agostino aveva precisato che le nostre preghiere non sono esaudite se «mali, mala, male petimus», cioè se chiediamo in impenitenza di peccato («mali»), o chiediamo cose che ci sembrano buone ma che invece sarebbero per noi dannose («mala»), oppure chiediamo senza fede («male»).Ma lo scopo della preghiera, anche della preghiera di richiesta, non è la pretesa di un miracolo: sui milioni di pellegrini che vanno a Lourdes o a Medjugorje, pochissimi ottengono miracoli scientificamente accertati, ma quasi tutti ne ritornano consolati, con guarigioni spirituali ancora più grandi delle guarigioni materiali, perché direttamente orientate alla salvezza che conta.Ma tant'è. Romolo Giovanni Capuano conclude la sua introduzione citando «lo scienziato inglese ateo Richard Dawkin», il quale «pregò nei campi per vedere se le piante crescevano più in fretta. Non crescevano». E così il record della stupidità umana è spostato ancora un po' più in là.
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