venerdì 4 giugno 2010
Qui la copertina è di "Avvenire". Ieri ("Agorà", p. 29: "Anche Montini mediò per 'l'eretico' del modernismo") Antonio Airò raccontava di Ernesto Buonaiuti, prete romano e teologo che quasi un secolo fa si trovò via via sempre più ai margini della comunione di fede cattolica. Fu seguace della «teologia modernista» giunta a noi da Francia e Germania che in sostanza, con motivazioni di interpretazione storica dei testi, per attualizzare la fede nell'era moderna arrivava alla negazione di verità cruciali come la divinità di Cristo e la realtà della Chiesa nella sua dimensione istituzionale e storica fino al Concilio Vaticano I. Nessun dubbio che si trattasse propriamente di «eresia», nel senso stretto di mutilazione essenziale della fede. Seguì ovviamente ben presto, attorno agli anni 20, la dichiarazione di scomunica personale, aggravata poi da pesanti interventi del regime mussoliniano fattosi braccio secolare" Ebbene: l'articolo di Airò rivela una corrispondenza inedita degli anni 30 e 40 in cui Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, cercò a più riprese la via difficile di una «felice soluzione del contrasto» dichiarandosi disposto all'incontro e al dialogo a cuore aperto. Ma Buonaiuti " conclude Airò " «il 20 aprile 1946 muore. Senza riconciliazione». Ebbene, a Malpelo torna un ricordo del 12 settembre 1960. Papa Giovanni, raccontando pubblicamente la sua seconda Messa di prete novello, disse tranquillo: «Mi faceva da prete assistente il povero don Ernesto». Era lui, Buonaiuti! Ecco, sulla bocca del Papa amico e fedele: «il povero don Ernesto»! A me pare bellissimo, e degno di un "lupus" extra"
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