domenica 15 aprile 2012
C'è sempre qualcuno che (vedi La Repubblica, martedì 10) insiste a chiedere lumi in materia di Chiesa e di fede a giornalisti "laici" che guardano la realtà con "le lenti offuscate" (come il nostro Francesco Ognibene scriveva nel fondo di Avvenire di venerdì scorso) e realizzano libri-inchiesta interpellando esclusivamente l'"esperto" che gli darà le risposte utili al risultato precostituito. Un lettore si meraviglia perché i ministri "cattolici" dell'attuale governo hanno ciascuno «il suo santo, che pregano quando si sentono in difficoltà» e perché «intellettuali del loro livello [...] siano devoti con l'ingenuità dei fanciulli». Invece di consultare il Vangelo, Corrado Augias fa ricorso ancora una volta a Remo Cacitti, docente di storia del cristianesimo a Milano, che con lui aveva realizzato il libro Inchiesta sul cristianesimo. La risposta era scontata: nella «trasformazione del cristianesimo in religione civile» il santo non è che «la trasposizione celeste della figura del patronus terrestre»: colui che «manteneva e proteggeva i clientes che affollavano ogni giorno la soglia della sua casa»; oppure è un «assistente della divinità con un preciso compito», giacché «nel Mediterraneo la divinità ha un rapporto utilitaristico con la Terra». Un vero documento di incomprensione della santità cristiana. E pensare che sarebbero bastate due frasi di Gesù: «Ti ringrazio Padre perché hai tenuto nascoste queste cose ai dotti e sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25) e «Se non diventerete come i bambini non entrerete nel Regno dei Cieli» (18,3). RITI E SOLITUDINI«Senza riti e cerimonie [religiosi] viviamo più liberi, ma facciamo i conti con la solitudine». Così Michele Serra risponde, sul Venerdì (6 aprile), a un papà di scarsa fede, ma che, accompagnando la figlia al catechismo e alla Messa domenicale, ha scoperto che la bambina «ha trovato un contenitore emotivo e sociale all'interno del gruppo di catechesi» e che «la Chiesa, nel senso della comunità, offre ai giovani tanti stimoli culturali e la possibilità di fare gruppo e di stare insieme». «Non è poco», conclude. Su «la forte impronta comunitaria di oratori e parrocchie» e persino su catechismo e Messa come «parte del percorso formativo» Serra concorda: «Senza riti e senza cerimonie si vive peggio, decurtati di uno scambio psicologico, culturale, estetico che ci rende meno soli». Poi rimpiange il «periodo nel quale la sinistra era riuscita a costruirsi una ritualità potente e fervida». E conclude che ora tutto ciò «ci manca, ma lo sappiamo ]...] Forse a me basta: non so se basterà ai nostri figli». Peccato: papà e Serra sono fermi sulla soglia della Chiesa. Se avessero fatto un passo avanti avrebbero scoperto che non è il rito né la cerimonia, ma Dio che non ti lascia mai solo, che dà un senso a quei riti e ti spinge verso quella che i cristiani chiamano "comunione".ORE SCOZZESIPer capire «perché la Terra è nostra e non degli scimpanzé» un professore dell'Università di St. Andrews, in Scozia, ha messo alcune scimmie e alcuni bambini di 3 o 4 anni davanti a una scatola di montaggio (La Stampa, mercoledì 11). Dopo 30 ore di prove solo uno scimpanzé ha cominciato a capire qualcosa e dopo 53 nessun'altra scimmia. Invece, dopo solo 2 ore e mezzo due bambini hanno avviato la soluzione. Che pensare di uno scozzese che spreca tante ore per capire ciò che sapevamo già?
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