venerdì 29 novembre 2013
Nascosta fra le pagine dell'addio berlusconiano che occupano i giornali, una pubblicità controtendenza, speranzosa: c'è un Buffon in abiti da manager che posa davanti a una parete tricolore e la scritta «la qualità italiana vince sempre». Non è il Gigi della Juve, peraltro ampiamente citato altrove, qui è nelle vesti di patron di una famosa teleria italiana che affronta, insieme agli avversari europei del calcio, la crisi imprenditoriale, cercando alleati in Italia e anche in Europa. Com'è successo l'altra sera in Champions, quando Ancelotti, anzichè fare antiche vendette, ha castigato con il suo esplosivo Real il Galatasaray di Mancini, la squadra che ha inguaiato la Juve col pari di Torino e ora l'aspetta decisa a negarle il punto-promozione. Se è vero che la qualità italiana vince sempre nel tessile, è impossibile usare lo stesso slogan per il calcio, dove il nostro Bel Paese accusa le stesse sofferenze di altri ben più importanti settori. Il quadro della Champions riproduce la situazione continentale: Juve, Napoli e Milan non hanno ancora raggiunto la qualificazione al prossimo turno, mentre l'Inghilterra ha già piazzato negli ottavi lo United, il City e il Chelsea, la Francia il PSG, la Germania l'onnipotente Bayern di Guardiola e la Spagna - concorrente nello spread - Real, Atletico Madrid e Barcellona. Le italiane, a questo punto, devono cercare la promozione nelle prossime sfide: la Juve a Istanbul, dove il Galatasaray promette il clima infernale che Conte pretende dai tifosi dello Stadium amico; il Napoli dovrebbe rifilare tre gol all'Arsenal che lo ha ridicolizzato all'andata contando soprattutto sui 65.000 del San Paolo; il Milan ha bisogno di strappare un punto all'Ajax, a San Siro, e resta paradossalmente il più sicuro candidato alla promozione nonostante le sue infelici prestazioni in campionato. Siamo indietro non solo a causa della citatissima spending review che ha realisticamente moderato gli investimenti del calciomercato, ma per il gioco e l'agonismo che son venuti meno per errori. La Juve è partita in grave ritardo, perdendo punti con Copenhagen e Galatasaray, splendendo infine con l'ultima prestazione di Vidal, tripletta ai danesi ma con due rigori. Il Napoli s'è afflosciato dopo il clamoroso esordio con il Borussia: in neppur due mesi, colpevoli le scelte tattiche di Benitez, ha collezionato quattro sconfitte con Roma, Juve, Parma e nel ritorno a Dortmund (10 gol incassati, 1 fatto, Higuain bloccato e nostalgia di Cavani). Protagonista inatteso di questa fase di Champions è stato il Milan impoverito da cessioni sciagurate e da infortuni a ripetizione. Ferito anche dal dibattito interno al club, forzatamente abbandonato da Berlusconi ai progetti filosofici di Lady Barbara, la squadra «più vittoriosa del mondo» - come ama ripetere Galliani - ha trovato in Kakà, ritenuto un modesto soccorso di mercato, il trascinatore-esecutore, capace di trasformarsi da interprete di classe a guerriero “gattusiano” e addirittura - ennesima ipotesi - a partner ideale di Balotelli. Così andremo a confrontarci con l'Europa, il 10 e 11 dicembre, sperando di rappresentare soltanto l'Italia calcistica e non l'Italietta combattuta fra Imu e Iuc.
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