Latour spiega i dietrofront della scienza: non sapere individuale ma «collettivo»
sabato 16 novembre 2013
Scienza e società, politica della scienza, tecnologie e scienze, pensiero scientifico e senso comune… Cosa c'è oggi di più interessante e preoccupante per capire quello che ci succede e ci succederà? Circola una retorica della scienza, ma anche un discredito della scienza. Abbiamo bisogno di un sapere certo, ma poi constatiamo che anche nelle questioni più "popolari" e nelle certezze che sembravano più ovvie, proprio la scienza cambia scandalosamente idea all'improvviso e ordina un dietro-front.L'esempio più recente: pensavate che i grassi saturi (carne, formaggi, uova ecc.) fossero una minaccia per il cuore e la circolazione, la causa del colesterolo e dell'infarto? No, la scienza ha cambiato idea. Sono stati appena pubblicati sul "British Medical Journal" i risultati di una ricerca in cui si afferma che da quattro decenni ci stiamo sbagliando, i grassi saturi sono innocenti, averli banditi è stato inutile: proprio a partire dagli anni settanta sono aumentate le malattie cardiovascolari e l'obesità. Dunque la scienza è poco scientifica? No. Semplicemente le sue ricerche non producono dogmi. È il processo di produzione della conoscenza scientifica e della tecnica che va esaminato da vicino.Ci mette su questa strada il sociologo, antropologo e filosofo della scienza Bruno Latour, che nel suo libro Cogitamus (Il Mulino) scrive sei lettere sull' «umanesimo scientifico» a un'ipotetica studentessa, spiegandole metodo e senso della sua particolare disciplina. Il titolo del libro naturalmente non è casuale e, nel labirinto delle riflessioni e divagazioni, aiuta a capire meglio l'idea centrale dell'autore. La scienza sono gli scienziati nei loro laboratori, sono le situazioni in cui studiano (spesso ignorati e lontani dalla società), sono gli accordi, le alleanze, le avventure e disavventure (sociali, istituzionali ecc.) attraverso cui le conoscenze vanno incontro al mondo e lo modificano, in meglio o in peggio. Il sapere scientifico, dice Latour, non è un «cogito», un pensiero individuale, è un «cogitamus», un incontro ogni volta imprevedibile fra conoscenza, occasioni storiche, poteri e mercati.
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