sabato 12 aprile 2014
Letto qui l'altro ieri Pierluigi Magnaschi (Italia Oggi, 5/4, p. 2): «Hollande ha pagato il suo ateismo militante» con la sconfitta elettorale. Questione di buonsenso del quale trovo traccia, forse non del tutto consapevole, anche in Maria Novella Oppo su L'Unità (5/4, p. 1, «Matteo, Don Matteo e Santoro»): «Ma fa più politica Don Matteo, con i suoi 8 milioni di spettatori, o Michele Santoro che non raggiunge i 2 milioni?». Per la collega, «Santoro continua col suo stile riconoscibile a proporre i temi e i tipi della tragedia italiana, accentuando la scelta di restringere il suo pubblico a una parte, se non un partito», ma la conclusione è che «tra i due catechismi, quello consolatorio di Don Matteo e quello provocatorio di Santoro vince quello cattolico, nel senso di universale. Quindi fa più politica Don Matteo»! A pensarci bene, e andare avanti con qualche logica, forse la cosa dice che anche da noi in Italia, e magari ancor più che in Francia, patria della laicité/laicista, un «ateismo militante», anti-fede e anti-Chiesa cattolica non paga, e non ha mai pagato. E nessuno si illuda per una sentenza choc della Consulta! Certe caramelle piacciono subito, in bocca, ma si sciolgono presto.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI