martedì 1 settembre 2015
Postille. 1. Ieri (“Repubblica”, p. 1 e seguito) titolo per Elena Cattaneo: «Miei cari studiosi, adesso basta. Non si gioca sulle staminali». Giusta messa in guardia sull'«utilizzazione» degli embrioni umani congelati. Pieno accordo, da cristiano e anche ricordando, alle sorgenti dei “Lumi” la formulazione dell'imperativo categorico kantiano: l'uomo non sia mai un mezzo, ma sempre un fine. A concludere, però, ecco il «postulato dell'oggettività nel lavoro» degli scienziati: essi «s'impegnano a dire come stanno tutte le cose, a prescindere dai loro convincimenti morali o religiosi o delle loro convenienze». Perfetto, salvo voglia dire che uno scienziato “deve” rinunciare a tutti i suoi «convincimenti morali o religiosi» e mettere in letargo la sua coscienza: laicità duplice e giusta, senza relativismo e resa alle ideologie altrui. 2. Sul “Fatto” (p. 10) Fabrizio D'Esposito accusa: «Pio V per la Chiesa resta un santo, ma fu lui a far sgozzare i valdesi». Ricordo di mis-fatti reali, rievocando con indignazione eventi che qui io stesso avevo segnalato sabato scorso. Ho motivi per saperlo lettore di questa rubrica. Ma ecco la sua conclusione: «Per la Chiesa (Pio V) è tuttora un santo, così come i terroristi dell'Isis sono “martiri” per l'Islam radicale. C'è differenza?». C'è, grande e duplice. A parte le circostanze storiche molto complesse della vita di Pio V, resta il fatto che i martiri cristiani sono uccisi, e mai uccisori. E altro, fondamentale: la dottrina cristiana del “non uccidere” è totale nella fede neotestamentaria, ma per i ritardi nell'interpretazione della “rivelazione” coranica, sempre alla lettera “voce stessissima” dell'Onnipotente, nell'islam ancora oggi sono molti a sostenere che «i terroristi dell'Isis sono martiri» della fede islamica: la differenza c'è, se non si chiudono gli occhi.
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