mercoledì 28 settembre 2011
Maria Luisa Spaziani ha raccolto nel simpatico libretto Montale e la Volpe (Oscar Mondadori, pagine 124, euro 12) i ricordi della sua "lunga amicizia" con il poeta degli Ossi di seppia. Niente che sconvolga la consolidata critica montaliana, ma una collanina di aneddoti che rallegra gli aficionados del Nobel 1975 (quorum ego) che vogliono sapere tutto, ma proprio tutto, di Montale. Ne viene il ritratto poco consueto (ma veritiero, per chi ha conosciuto il poeta) di un Montale vivace e divertito, che apprezza le gaffes altrui e ride delle proprie, capace di mettere tra parentesi "il male di vivere" che l'ha reso famoso, quando si trova a cena con i colleghi ("amici" sarebbe troppo), senza rinunciare a quella sua ironia che talvolta stinge in sarcasmo. E spesso a farne le spese, magari preterintenzionalmente, è Carlo Emilio Gadda. La Volpe premette questo singolare avvertimento: «Gli episodi qui narrati sono autentici. Tuttavia, essendo ricostruiti soprattutto sulla base della memoria e a distanza di tempo, l'autrice sarà lieta di ricevere eventuali precisazioni su situazioni e date, o ulteriori testimonianze». Come dire: memoria sì, ma anche un po' di romanzo. Del resto chi potrebbe precisare se i personaggi chiamati in causa sono quasi tutti defunti? Rimane l'interrogativo sulla reale natura della «lunga amicizia» di Montale con la Volpe, protagonista "terrena" della Bufera, che non eclissa l'"angelica" Clizia. La Spaziani conobbe Montale nel 1949: lei aveva 25 anni, lui 53. Il poeta la incontrava in casa di lei, anche in vacanza sull'Adriatico, con i genitori, la sorellina e la nonna; chi ha consultato l'epistolario Montale-Spaziani acquistato a caro prezzo da Maria Corti per il Fondo manoscritti dell'Università di Pavia, assicura che non c'è niente di particolarmente intimo: richieste e consigli di traduzioni, saluti scherzosi. Del resto, quando Montale andava a trovare la Volpe ad Aix-en-Province nel 1955, lei abitava nella "Torre Cezanne" con l'amico egiziano Aziz Izzet, «personaggio chiave della mia vita» (p. 87). Nel 1958 la Volpe sposò Elémire Zolla, dopo dieci anni di fidanzamento (il matrimonio durò un paio d'anni), e quando Montale pubblicò, nel 1956, La Bufera, i riferimenti alla Volpe (il soprannome include una certa astuzia) evidentemente non turbarono la moglie del poeta, la sospettosissima Mosca, che se lo teneva ben stretto. Insomma, tutte le ispiratrici di Montale (e sono parecchie) vivono in absentia, nel ricordo del poeta: con Clizia, l'ispiratrice maggiore, Montale si incontrò solo una dozzina di volte; Dora Markus, quando le dedicò una delle sue più celebri poesie, l'aveva vista solo in fotografia. E discorsi analoghi possono essere ripetuti per Esterina Rossi («Esterina i vent'anni ti minacciano»), Paola Nicoli («Tentava la vostra mano la tastiera»), Gerti Tolazzi (Il carnevale di Gerti), Anna degli Uberti (che compare come Arletta anche nelle ultime poesie) e si potrebbe continuare. È assolutamente fuori luogo immaginare Montale come tombeur de femmes. Perfino la moglie, a cui aveva dedicato, nella Bufera, la Ballata scritta in una clinica (la Mosca, in ortopedia, era chiusa «in un manichino di gesso»), rivive poeticamente solo dopo la morte, negli splendidi Xenia di Satura (1971). Va presa sul serio l'autodefinizione che Montale confidò ad Annalisa Cima nel 1968, e che si potrà leggere nelle Occasioni del Diario postumo in preparazione presso le Edizioni Ares: «Non appartengo ai paradisi artificiali di Palazzeschi, né agli inferni lussuriosi di Ungaretti; sono un uomo che ha vissuto al cinque per cento, e appartengo al limbo dei poeti asessuati. E guardo al resto del mondo con paura».
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