sabato 3 giugno 2017
Oggi più agnus che lupus! Su “La Stampa” (1/6 pp. 22 e 26) un richiamo doppio forse casuale, ma prezioso. Primo titolo, «L'arte della memoria perduta», e il secondo «Non dimenticare che ci amiamo». In ambedue il dramma dell'Alzheimer che «colpisce sempre più italiani over 60». Nel primo leggi: «Una cura non c'è, ma musica e pittura possono dare nuovo senso alla vita». Nelle testimonianze seguenti un seme di speranza nel contesto di una realtà che sparge disperazione attorno all'ammalato: musica e pittura! Sarà vero? Secondo titolo: giri un paio di pagine e (p. 26) ecco: «Non dimenticare che ci amiamo». Alberto Infelise parte da una domanda, cruciale per chi «ama un malato di Alzheimer: fino a quando ricorderà che ci amiamo?». Lui rievoca la vicenda del padre: «Un giorno mi disse: ho paura. Sapeva cosa gli stava succedendo. Sapeva che non sarebbe finita bene. Sapeva che lo sapevo anch'io. Tenerci la mano, ancora una volta e poi per sempre è stata l'unica risposta possibile». «Senso alla vita»? Tenerci la mano, ora e sempre: cura di ogni malattia... Qualcuno lo ha scritto che la vita stessa può considerarsi una malattia per la quale non c'è altra cura che il morire... Ci penso e trovo conferma in cento vicende di vita: il segreto è tenerci per mano. Non solo «curare», che può essere cosa di scienza, medica e/o altro, ma «avere cura», prendersi a cuore, far sentire la presenza di amore e dono senza condizioni… Per trovare un senso nuovo alla vita può bastare, e per tanti basta realmente sapere che c'è sempre, per ciascuno di noi, lo si sappia o no, lo si creda o no, una “mano” tesa dall'Alto, la mano della... Vita: «Io sono la vita!» E anche: «Venite a me, tutti voi che siete stanchi» della fatica della vita. Lo ha detto Qualcuno che ha dato la vita a tutti, e poi la Sua vita l'ha di nuovo offerta per tutti...
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