mercoledì 29 ottobre 2003
La verità è come un'immensa vetrata caduta a terra in mille pezzi. La gente si precipita, si china, ne prende un frammento e brandendolo come un'arma, dichiara: «Ho in mano la verità!». Bisognerebbe, invece, raccogliere con pazienza tutti i pezzi, saldarli con l'amicizia e, alla fine, la verità risplenderebbe. È morto a 66 anni nel 1980: Jean Sulivan, scrittore francese, era anche sacerdote, studioso di filosofia, appassionato di cinema, autore di libri intensi come i Matinales che nel titolo echeggiano il termine "Mattutino". È a quello scritto che attingo la considerazione che vorrei oggi proporre. Una vetrata o un mosaico caduti a terra si riducono a mucchi di colori. Certo, si può essere attirati da una tessera che raffigura un occhio o da una scheggia dorata di vetro. Ma esse sono ormai solo un frammento che esige la bellezza dell'insieme. Così è per la verità.
Noi spesso abbiamo tra le mani una
verità, ma siamo convinti di avere la verità integra e assoluta. E così respingiamo con arroganza gli altri coi loro frammenti di verità e si crea in tal modo una catena di odio, una dispersione della luce, una dissoluzione del vero e del bene. L'amore è, dunque, indispensabile per far risplendere la verità piena. Un famoso teologo come Urs von Balthasar aveva coniato una definizione suggestiva: «La verità è sinfonica». È solo nell'intreccio delle varie note, dei suoni e delle voci che essa si svela. Gandhi comparava la verità al diamante: uno, eppur con molte facce che non si possono tutte vedere con un colpo d'occhio ma richiedono il paziente circuito attorno ad esse. Ritroviamo, allora, il rispetto per la porzione di verità che ciascuno custodisce, un rispetto che nasce dall'amore e che riesce a ricomporre la vetrata mirabile della verità.
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