sabato 14 agosto 2004
Se l'anima medita profondamente sul timore di Dio, allora subito in lei fiammeggia la vampa dell'amore nel suo cuore e il giubilo della gioia interiore ristora il cuore. A prima vista sembra che il timore escluda l'amore: lo dice la stessa Prima Lettera di s. Giovanni affermando che «nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore» (4, 18). Questo è certamente vero per la paura. C'è, però, nella Bibbia un timore che è in realtà rispetto e venerazione dell'altro ed è compatibile con l'amore. È ciò che suggerisce Eleazar ben Yehudà, mistico ebreo del XII-XIII sec., autore dell'opera Il segreto dei segreti. Il suo è innanzitutto un invito alla meditazione, pratica ormai dimenticata, persino dagli stessi religiosi. Questi giorni di riposo potrebbero essere occasione per ritagliarci una piccola oasi di silenzio e, così, gettare
uno sguardo sul mistero di Dio. La prima sensazione sarà proprio quella del timore, esperienza che già ci pervade se solo contempliamo gli sterminati spazi siderali. Dio è infinitamente grande, è trascendente, ci travalica. Eppure la scoperta della sua onnipotenza non genera incubo ma pace, il timore che è adorazione si trasforma in fiducia e abbandono di sé alle sue mani. Anzi, senti che Dio, essendo infinito, è anche in te. E allora tutto quello che tu affronti nella vita non lo vivi da solo. Un altro mistico, il musulmano al-Hallaj, morto martire a Baghdad nel 922, dichiarava: «Quello a cui vado incontro nessuno lo può sapere, se non Colui che siede nel fondo del mio cuore».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: