domenica 21 luglio 2019
Esistono canzoni che indugiano sulle corde della commozione. Ma spesso di loro ci si spaventa, come avessimo paura di certi sentimenti semplici e antichi. Capitò a Sanremo 2005 a quel brano che cantava di un anziano che si spegneva, solo, su una panchina. Era, quella, una canzone che si faceva fiaba... «Solo su una panchina leggeva dentro di sé, l'anima come un giornale: vecchio, da accartocciare... E solo su una panchina si addormentò... Ma un angelo passava lì e si mise accanto: i suoi capelli bianchi accarezzò, e per incanto... Il vecchio per incanto ridiventò bambino, e sorrideva: stringeva tra le mani speranze del domani... Il più bell'aquilone da lui volò, la primavera si risvegliò... Poi venne il tempo e disse: "Gli faccio un favore, torno a quando si sedeva lì col primo amore...". E venne il cielo, a dire: "Stasera accendo le stelle, a quei due innamorati offrirò le più belle...". ...Ho visto una panchina di notte volare via: stanotte diamo stelle a chi non ne ha! ... Solo su una panchina, l'hanno trovato così: quel che è sembrato strano, è che aveva una stella in mano...». Al Festival Peppino di Capri con "La panchina" non arrivò in fondo: ma non conta. E non preoccupatevi se ora leggendola vi siete un po' commossi: sarebbe un bel guaio... se non vi fosse successo.
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