sabato 11 dicembre 2021
Pochi e sottodimensionati, burocratici e gestiti in modo inadeguato. Sostanzialmente inutili, rispetto ai compiti affidati dalla legge. Sono i Centri per l'Impiego, secondo la (straziante) fotografia scattata dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro nel Rapporto annuale relativo al 2020, pubblicato nelle scorse settimane. Se il futuro prossimo delle strutture deputate alla ricerca del lavoro per i giovani italiani è carico di speranze di rilancio - dalle nuove assunzioni in cantiere da parte delle Regioni, circa 11mila in pochi mesi, alla gestione della Garanzia di occupabilità dei lavoratori, creata dal Governo Draghi e finanziata dai fondi del Pnrr - il presente è invece disarmante. Non è un caso se soltanto il 3% delle nuove assunzioni, ogni anno, viene gestita dai Centri per l'Impiego: oggi i Centri sono troppo pochi (551) e possono contare nel complesso solo su 7.772 dipendenti (in contrazione negli ultimi 10 anni a causa del turnover e del blocco delle assunzioni), con età media di 55 anni, un basso livello di istruzione e un profondo deficit di competenze. La conseguenza è descritta con chiarezza nello stesso Rapporto Anpal: «Almeno il 90% dei Centri per l'Impiego eroga quel mix di servizi amministrativi, informativi e di primo orientamento necessari alla presa in carico dell'utenza e alla stipula del patto di servizio». Ovvero: quasi tutta l'attività dei Centri è dedicata al primo ingresso degli utenti nei Centri stessi e all'espletamento delle pratiche amministrative connesse. Al contrario, i Centri per l'Impiego non si occupano di quella che dovrebbe essere la loro vera missione: incrociare domanda e offerta di lavoro. Si legge sempre nel rapporto, infatti, che «nella situazione fotografata prima dell'atteso rafforzamento, è risultato difficile conciliare questi vincoli operativi con la realizzazione in modo stabile e continuativo di servizi altamente consulenziali per la ricerca di personale per le imprese». In una condizione del genere, appare particolarmente ambizioso l'obiettivo - definito dall'Italia nel Pnrr - di formare e riattivare 600mila disoccupati entro il 2022. A meno che non si decida (finalmente) di unire le forze pubbliche a quelle private, stabilendo forme di collaborazione tra Centri per l'impiego e agenzie private per il lavoro. È probabilmente questo l'unico "booster" in grado di colmare un gap così profondo tra obiettivi futuri e realtà attuale dei Centri per l'Impiego. Per poter dare ai nostri ragazzi, soprattutto a quelli che hanno meno competenze, qualche opportunità di occupazione in più.
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