martedì 24 marzo 2015
Il regno, di Carrère, abbandona il romanzo per accedere ad altro segmento letterario più simile ad una summa medioevale dove, per parlare dell'uomo, non si può tralasciare Dio. Che lo faccia con arguzia miscredente, con invenzione letteraria, nulla toglie alla bimillenaria questione che scuote la condizione umana e pervade il mistero divino. "Voi chi dite che io sia?".L'Incarnazione, trent'anni di vita privata, tre di vita pubblica. Passione, morte, resurrezione di un rabbi ebreo chiamato Gesù. La Madre, la famiglia, i discepoli, le donne, le folle. I detti, i fatti, gli insegnamenti; nessuna parola scritta. Tutto è affidato all'esperienza, alla memoria, alla predicazione, all'esempio dei discepoli; alla fede, alla speranza, alla carità degli uomini. All'azione dello Spirito Santo. C'è una preghiera: il Padre nostro. Non c'è il "Credo", professione di fede. Non ci sono chiese, ci si incontra in sinagoga. Poi compaiono i vangeli. Nasce un testamento nuovo, recuperando e trasfigurando l'antico; differenziando e distanziando, quanto al futuro, consuetudini, atti, legalità. Paolo cade da cavallo, si converte, non ha conosciuto il Salvatore, non ne ha spartito la condizione umana ma ne è conquistato e si prefigge di conquistargli il mondo.
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