mercoledì 16 novembre 2022
Vittorio Vallarino Gancia aveva compiuto 90 anni il 28 ottobre scorso, festa di san Giuda il Taddeo, che viene considerato, insieme a santa Rita da Cascia, il santo delle cause più difficili. E Vittorio, oltre a prendere le redini della nota casa spumantiera, aveva ricoperto cariche pubbliche importanti, fra cui la presidenza della Camera di Commercio di Asti, proprio due anni prima che scoppiasse lo scandalo del vino al metanolo, con epicentro nel Piemonte del Sud. Ora, nei lunghi articoli di commiato per la sua dipartita avvenuta tre giorni or sono, pochissimi hanno ricordato che si deve a lui l’intuizione delle doc regionali che avrebbero ridato credibilità a quel vino italiano che nel 1986 era controllato dal sistema delle denominazioni solo per il 10%. Detto questo, la mia frequentazione con Vittorio è antica e sta all’inizio della mia carriera enogiornalistica, nel 1985. Sono stati tanti i momenti di confronto, nel corso di un convegno o in una chiacchierata a cena. In una di queste, a Canelli, in piena estate, lui mi confidò alcuni particolari sconosciuti di quel 5 giugno del 1975, quando un commando delle Brigate Rosse lo catturò per chiedere un riscatto. Fu bendato e portato in auto nei pressi di Melazzo, nel boschivo Alto Monferrato che confina con la Langa. Ma in quel preciso istante i suoi genitori giungevano a Collevalenza, frazione di Todi, per festeggiare il loro cinquantesimo anniversario di nozze da Madre Speranza. La quale, pur conoscendoli da tempo, si rifiutò di riceverli. Apparve solo due ore dopo per dire loro: «Adesso tornate a casa velocemente: è tutto a posto». I genitori di Vittorio rimasero interdetti per quella frase un po’ bizzarra che prevedeva ciò che sarebbe successo: la liberazione dell’ostaggio dopo uno scontro a fuoco che vide fra le vittime Mara Cagol, compagna del capo brigatista Renato Curcio. Quando i due arrivarono a Canelli, trovarono Vittorio a casa, e c’è una foto che ritrae il padre Lamberto e il figlio Vittorio che si guardano negli occhi con uno sguardo che travalica la gioia, avendo dentro quel dono misterioso che la mistica di Collevalenza, proclamata beata da Papa Francesco nel 2014, di fatto, aveva annunciato. Questo episodio, che mi feci ripetere da Vittorio, prima di pubblicarlo su un mio libro del 2005, Il tempo del vino (Rizzoli), è riportato nei primi capitoli col titolo: “Il Consolatore”. Che opera sempre, anche in questi giorni dove le soluzioni per la pace sembrano impossibili, o forse non più. Invece non bisogna smettere di crederci e di lavorarci. © riproduzione riservata
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