giovedì 31 ottobre 2019

Venti dalla pressione mai incontrata si abbatterono sulla provincia di Belluno a fine ottobre dello scorso anno, nel pieno della tempesta Vaia. L'esito fu catastrofico: case diroccate o inagibili, mulattiere e sentieri scomparsi, migliaia di alberi abbattuti. A essere trascinate via dalla furia della tempesta anche molte croci, fin sulle cime dei monti: legno simbolico insieme al legno naturale, quasi un ritorno del caos primitivo. Della croce sul Pavionet (2.187 metri), ai primi di novembre 2018, non c'era più traccia: anche da Feltre e dai paesi vicini molti si erano abituati a quei bracci tra cielo e terra come alla presenza di un amico.

L'avevano montata per il Giubileo del 2000, quella croce, come tante altre sulle vette feltrine e bellunesi. Elio si era preoccupato di realizzare tutto e aveva chiamato il parroco, don Vittorio, per la benedizione. I parrocchiani di Farra di Feltre non hanno dimenticato quello sforzo e quell'impegno. E il figlio di Elio, Luigi, con tanti giovani del Club Salvarek e del Consorzio triveneto rocciatori, sono risaliti sul Pavionet. Base al rifugio dal Piaz, da Erika e Mirko, gestori, e poi in vetta a lavorare. Ne è valsa la pena: una nuova croce è ritornata in vetta al Pavionet. Ora dal cielo la guarda don Vittorio, ma dalla vallata la guardano in tanti; e sorridono. C'è speranza nei bellunesi, anche grazie a quella croce.

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