giovedì 11 agosto 2005
La scienza è fatta di dati, come una casa di pietre. Ma un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa. Viene a trovarmi uno scienziato che conosco da tempo e con cui sono in amicizia, pur nella diversità delle nostre visioni generali della realtà. È lui a offrirmi questa frase che appartiene all'opera La scienza e l'ipotesi dello scienziato e filosofo francese Jules-Henri Poincaré (1854-1912). Io sarei incline ad attribuire questo atteggiamento più al tecnico che non al vero scienziato. Quest'ultimo, infatti, non si dovrebbe mai accontentare di allineare dati in modo neutro, di manipolarli e usarli in modo indifferente, ma dovrebbe preoccuparsi del quadro d'insieme, degli effetti e delle finalità. Proprio come diceva Poincaré: non basta conoscere e numerare tutte
le pietre di un edificio per essere capaci di costruire una cattedrale. Ebbene, ai nostri giorni la scuola e la stessa conoscenza comune si orientano sempre più a offrirci dati da usare, senza stimolarci ad esercitare il senso critico, ad avere la consapevolezza dei limiti e dei fini, a giudicare, a vagliare, a scartare, a esitare. Si pensi solo alla massa di materiali che il computer può vomitare sul ragazzo, senza che egli possa difendersi da quella colluvie e senza che abbia la capacità di selezione. Certo, lo scienziato Thomas Henry Huxley esagerava quando nei suoi Saggi affermava che «la scienza non è altro che buon senso addestrato e organizzato». La scienza è qualcosa di più alto e profondo; eppure, è necessario avere anche una forte dose di criterio, di selettività, di buon senso per non creare alla fine mostri o follie proprio in nome della libertà della scienza.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: