venerdì 31 ottobre 2014
Constatano in tanti, anche se pubblicamente se ne tace, la decadenza delle scuole di scrittura, di cinema e d'altre arti, così come di quelle di giornalismo. Non ho numeri da dare, parlo per sentito dire e perché conosco e frequento qualcuno dei giovani che di queste cose sono allievi. Eppure molte di queste scuole resistono, con un numero consistente di allievi o aspiranti tali, pubbliche o private, e si ostinano a promettere facili carriere. La grande illusione degli scorsi decenni, che ha avuto l'epicentro nell'abnorme sviluppo dei "Dams", era che fosse molto facile trovare una collocazione gratificante in cui poter «esprimere la propria creatività», in un'economia dominata dal consumo del superfluo e dalla comunicazione. Mai così tanti giovani furono convinti che fosse possibile, anzi sicuro, lavorare in campi in cui si sarebbe guadagnato bene divertendosi, vedendo gratificato il proprio narcisismo. Un sogno di trent'anni e il risveglio è stato brutale. Con la crisi di quel tipo di economia, una generazione e mezza di giovani si è trovata a fare i conti con una dura realtà, essendo del tutto impreparati ad affrontarla. Per una minoranza, è stato duro riciclarsi nei pochi settori attivi dell'economia (tra i quali si è dovuto annoverare anche l'ingresso nella politica, settore dove era ancora possibile una carriera!) o ai suoi margini, e questo è stato facile solo per i "figli di papà" e per i più arditi e cinici dei giovani, i più preparati - lo diciamo con ironia - alla darwiniana struggle for life. Per tutti gli altri, è molto difficile sfuggire alla frustrazione. Diverso è il caso, mi sembra, della generazione successiva, che già nell'adolescenza ha dovuto confrontarsi con la crisi, e sta cercando una strada tra mille insidie e trabocchetti. Il campo della cultura e dello spettacolo continuano a illudere tanti di loro, anche perché non ci sono molte altre prospettive economiche, all'intorno. Un mare di artisti o presunti tali e di "tecnici" delle arti, in genere non troppo preparati, che si aggira nel limbo delle poche possibilità. Sopravvivono mi pare solo due categorie di giovani: quelli che hanno un vero talento e che riescono a esprimerlo, riescono a farlo riconoscere (sono, per fortuna, molti). E quelli che sanno muoversi con più accortezza, i più aggressivi e ruffiani. E i meglio protetti, ancora una volta i soliti "figli di qualcuno". Molti romanzi (non film) hanno affrontato questa realtà. Segnaleremo i migliori.
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