L'Italia sorride sul latte venduto
sabato 16 giugno 2012
Un successo anche nel 2011. Nel desolante panorama dell'economia generale e in quella agroalimentare in particolare, certamente i risultati del comparto lattiero-caseario fanno sorridere gli operatori e devono essere valorizzati. Nello scorso anno – stando infatti all'ultimo resoconto di Assolatte, l'Associazione che riunisce i trasformatori industriali di latte – burro, latte, formaggi e yogurt hanno raggiunto il traguardo record dei 15 miliardi di euro di fatturato alla produzione. Conferme sullo stato di buona salute del settore arrivano anche dall'export di formaggi, che ha chiuso con un +3,8 in volume e un +15% in valore. In questo modo, in pochi anni, l'Italia ha raddoppiato il valore dell'export caseario ed è entrata a pieno titolo tra i grandi protagonisti nel panorama lattiero internazionale. Detto in altre parole, in poco più di dieci anni, le imprese sono riuscite a capovolgere il saldo della bilancia dei pagamenti: se nel 2001 il saldo era negativo per oltre 222 milioni di euro, oggi il risultato è positivo per oltre 225 milioni di euro. In quantità, nel 2011 sono state esportate più di 282.000 tonnellate di formaggi (il 28% della produzione nazionale), per un valore ormai prossimo ai 2 miliardi di euro.Come è naturale, poi, nell'ambito di questo panorama, c'è chi vince di più e chi vince di meno. Tra i formaggi, per esempio, in maggiore evidenza sul fronte dell'export nel 2011 ci sono stati la mozzarella, il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano e il Gorgonzola. La Francia, poi, è il primo mercato per i formaggi fatti in Italia: rappresenta il 21% dell'export complessivo e ha messo a segno una nuova importante crescita (+9,6%). La medaglia d'argento è andata alla Germania, la destinazione storica per i formaggi italiani, che rappresenta il 13% delle esportazioni complessive. Il bronzo, infine, va oltreoceano, agli Stati Uniti, dove arriva circa il 10% dell'export caseario nazionale.La morale? Per i vertici di Assolate è semplice. «La ricetta del nostro sistema industriale – è stato spiegato nel corso dell'Assemblea annuale dell'Associazione qualche giorno fa – è molto valida, e ci ha consentito di assumere un ruolo centrale nell'economia del paese e della filiera». Secondo le industrie, quindi, adesso occorre «lavorare sulla competitività e sull'efficienza, sia in agricoltura che nella agroindustria. Gli obiettivi comuni devono essere: valorizzare il nostro saper fare per crescere e produrre ricchezza. Non è più il momento di rallentare lo sviluppo e di ingessare il sistema produttivo». Tutto bene, quindi, salvo il fatto che i diversi anelli della filiera lattiero-casearia tornano a stridere fra di loro nel momento in cui si avvia il negoziato sul prezzo della materia prima, ritenuto troppo basso dagli allevatori e "giusto" per i trasformatori. La strada del rilancio complessivo della filiera agroalimentare, forse passa proprio dalla risoluzione di questi conflitti.
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