giovedì 22 settembre 2016
Incontro. Chiave dell’esistenza umana, fulcro stesso della dinamica dell’essere. Come per la bellezza, è termine usato e abusato con plauso generalizzato, consenso unanime. Consenso che a mio parere non coincide affatto con la percezione vera del contenuto di quelle parole.L’incontro è così fortemente sovversivo che chi si dedica, attraverso la dissimulazione più o meno intenzionale di grandi ideali, al raggiungimento della propria autoaffermazione, lo teme come la peste. La reale disponibilità verso l’incontro di molti che se ne dichiarano adepti ferventi è pressoché uguale a zero.Ci sono storie nate dalla forza di un incontro che sono diventate nel tempo contenitori senza identità, dove tutto si agita tranne la spinta originaria. Una delle cause principali sta a mio parere nella debolezza umana verso la rendita di posizione.L’incontro vero è sempre destabilizzante, non si sa dove porti, ed è questa la sua meravigliosa peculiarità. È corpo, con l’impellenza costante che è propria del corpo. L’incontro non può essere demandato o su commissione, l’incontro è scommessa individuale per ognuno. Nell’incontro non vi sono diaframmi che si possono interporre, di ruolo o di potere che siano. La condizione necessaria è spogliarsi di ogni sovrastruttura. Dove questo non succede l’apertura all’incontro non c’è. Vi è al massimo una tensione, spesso a senso unico, allo sfruttamento funzionale. L’incontro dovrebbe essere vissuto come dono che si rinnova e sorprende, fulcro di una fede che proprio da un incontro trae le sue radici. Quello che mi sorprende è che le parole profuse in quantità sull’argomento tendono a rimanere le stesse, ma gracchiano come un vecchio giradischi che striscia su un vinile graffiato.E infatti svuotano le storie e le trasformano in fossili di cui rimane un esoscheletro privo ormai di ogni materia vitale.Questo è un baratto tremendo e insidioso. Agisce a differenti livelli. Qualcuno se ne rende conto, con qualche travaglio interiore, ma immediatamente metabolizza tutto in una forma di folclore innocuo per la messa a rischio delle indennità postvisionarie, unica solida certezza superstite.Il fatto è che incontro è questione fisica, di carne, di sudore, di polvere, di odore. L’esoscheletro che ne ha preso il posto è fatto di ideologia. L’ideologia è pervasiva. Di tutto si può fare ideologia.Ma una cosa non ha l’ideologia: la carne. Sono inutili e perfino dannosi i soloni che conoscono alla perfezione le formule da recitare. Questi non incontrano nessuno. E nessuno viene strappato alla sua indifferenza congenita dalle prediche teoriche suggerite più da un gioco delle parti che da una maieutica interiore. E ne abbiamo miriadi di prove a tutti i livelli ogni giorno. Si tirino indietro quelli che non sono in grado di restituire la genuinità, la apertura e la forza dell’incontro. Si godano pure le rendite acquisite ma lascino il posto a chi ancora ha la forza vitale oltre ai catafalchi dell’apparenza. Ciò che serve è la vita concreta. Non facce arcigne che si strappano le vesti solo per sancire la distanza incolmabile tra sé e l’altro e si ergono nelle piccole torri, che la visione gli ha lasciato in eredità, ma che è in grado di trasformare definitivamente in monumenti alla negazione della vita.
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