mercoledì 18 agosto 2004
Io sono me stesso più il mio ambiente. Se non preservo quest'ultimo, non preservo allora nemmeno me stesso. Ho ancora negli occhi le splendide immagini del volume fotografico Per le antiche strade (Centro Studi Valle Imagna) di Pepi Merisio
che dal suo quasi omonimo e conterraneo - il grandissimo Caravaggio - ha ereditato un occhio di forte intensità e profondità, sia pure operando attraverso uno strumento diverso com'è quello della macchina fotografica. Ebbene, proprio a commento dei personaggi e dei volti che si contemplano in queste pagine e che appartengono anche all'orizzonte della mia adolescenza, trovo la
citazione che oggi propongo. È di José Ortega y Gasset (1883-1955), il maggior filosofo spagnolo del secolo scorso. Le sue sono parole che, purtroppo, vengono smentite quando, durante le vacanze, ci troviamo di fronte a ogni genere di scempi ambientali, spesso avallati dall'inerzia o dalla connivenza dell'amministrazione pubblica. Tutto nasce dal fatto che noi abbiamo perso il legame vitale con l'ambiente. Lo spazio che ci avvolge è, in realtà, una seconda pelle ma noi l'abbiamo espulsa come fa il serpente quando muta la propria pelle. Calpestiamo, imbrattiamo, devastiamo le meraviglie della natura e della storia. Basti solo passare per le vie di Milano e vedere facciate nobili di memorie sporcate da insensati e volgari graffiti. Il ragazzo getta per terra la lattina o la carta, senza imbarazzo. Gli speculatori hanno man salva nell'imperversare su coste e colline. Dobbiamo ritornare a purificare l'occhio perché contempli, la mano perché crei, il cuore perché rispetti l'armonia del mondo che è parte della nostra vita.
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