sabato 29 settembre 2018
Mi piace l'idea di iniziare questa rubrica raccontando l'esperienza di Finsea, una holding di imprese, nate a Taranto. Parlare di questa città significa oggi discutere dell'Ilva, di inquinamento ambientale, di problematiche complesse e nessuno accosterebbe questo territorio al concetto di bene comune o di scelte aziendali lungimiranti. Invece anche qui esiste altro. «La nostra storia è legata profondamente a questo territorio perché spesso le imprese innovative nascono proprio là dove è più grande il bisogno di risposte che ridiano futuro e speranza». Chi parla è Pierino Chirulli, il Presidente di Finsea che raggruppa 23 società, 430 dipendenti e un fatturato di 54 milioni di euro. Lo ascolto con piacere mentre siamo a pranzo in un ristorante affacciato sul Mare Piccolo: angolo bellissimo di Taranto che a tutto fa pensare fuorché alla città che i media oggi raccontano. «Quando io e Carmelo Marangi nel 1987 abbiamo fondato Serveco, la prima società, eravamo mossi dal desiderio di creare un'attività lavorativa più soddisfacente e in linea con i nostri valori. Eravamo stati i fondatori del Wwf a Martina Franca e l'attenzione verso l'ambiente stava muovendo soltanto i primi passi ma noi eravamo certi che avremmo potuto costruire su queste basi un progetto duraturo. Nella visione iniziale la nostra impresa doveva contribuire a generare un migliore equilibrio nell'utilizzo delle risorse ambientali, tanto più in questo territorio già allora martoriato, ma per farlo dovevamo innanzitutto creare equilibrio nella gestione delle risorse interne all'azienda, quelle economiche chiaramente ma soprattutto quelle umane. Per noi fare impresa significa da sempre puntare a questo equilibrio armonico, che se da una parte può frenare i risultati di breve termine, dall'altra apre ad una visione e a degli effetti di medio/lungo termine importanti, così come la nostra storia testimonia». L'evoluzione di Finsea è molto interessante, tanto più se rapportata alle traversie dell'Ilva. Ai risultati di oggi il gruppo arriva proprio attraverso una crescita continua delle attività di valorizzazione dei servizi ecologici e ambientali: all'inizio la raccolta differenziata, poi i grandi impianti di riciclaggio e lo sviluppo dell'energia fotovoltaica ed eolica, fino all'implementazione di attività che vanno dalla consulenza ambientale al riutilizzo di materiali di riciclo. Là dove un settore importante come quello siderurgico, gestito con logiche di breve termine, stava generando degrado e incertezza, un altro improntato ad una strategia opposta iniziava a costruire ricchezza e valore.
La domanda è d'obbligo: come siete riusciti a creare futuro proprio in questa zona così segnata dal passato? «L'Ilva a mio avviso - riprende Pierino - non ha solo inquinato l'ambiente ma soprattutto le coscienze di chi vive qui. La città è cresciuta solo apparentemente perché il modello d'impresa sul quale aveva costruito il suo benessere economico covava già in sé gli elementi per far involvere il sistema. Mentre alcune zone della Puglia hanno saputo creare altri modelli di sviluppo, a Taranto siamo rimasti in attesa che qualcuno ci garantisse il futuro. Per questo ancora oggi molte persone guardano al nostro gruppo con curiosità: vedono i risultati e la crescita ma non riescono a capire da dove provengano. Il "modello" Ilva, generando bruttezza, ha minato alla radice la nostra capacità di comprendere che esiste un modo diverso e più etico di lavorare: più "bello". Per generare valore sostenibile serve superare l'ottica di profitto di breve termine per mirare a un equilibrio stabile tra i veri attori dell'economia: le persone che lavorano, la comunità che li accoglie, l'ambiente. Ma per fare ciò serve umiltà, rispetto e la voglia di lavorare per il bene comune».
C'è una dimensione del bene comune a cui Finsea sta contribuendo e che voglio lui mi racconti. «In questi ultimi anni abbiamo scelto di "fare da tutor" a imprese create da giovani che forse non avrebbero avuto la capacità economica e le competenze per avviare bene e in tempi brevi la loro impresa. Oggi tra le società partecipate numerose sono le start up nate grazie al desiderio di progettare insieme il futuro, condividendo know how e le risorse già presenti nel gruppo. Anche grazie a questo progetto, quando smetterò di lavorare mi piacerebbe sì lasciare una giusta eredità economica ma tanta eredità culturale e morale». Da dove sono seduto vedo solo tanta bellezza e gli occhi commossi di Pierino e questo basta per rafforzarmi nella certezza che anche là dove apparentemente sembra esserci solo deserto l'uomo è sempre in grado di ricostruire e di ricominciare.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI