L'agricoltura prova a ripartire
sabato 14 agosto 2010
Crescono i prezzi, cresce l'export, forse si accende la miccia di un'inversione di rotta. A guardare le statistiche rese note in questi ultimi giorni, è questo l'orizzonte che sembra delinearsi per le imprese agricole italiane. Tutto da confermare, ma i primi numeri promettono qualcosa di buono. Sempre che la ripresa venga aiutata da politiche azzeccate e dall'iniziativa degli agricoltori. Che non manca.
Certo, gli ultimi dati Istat sul Pil non dicono ancora nulla di positivo, anzi. L'agricoltura, è l'unico settore ad aver fatto registrare nel secondo trimestre del 2010 un calo del valore aggiunto. L'ultimo, forse, se, come indica la Coldiretti, si consoliderà l'inversione di rotta dei prezzi agricoli che sono tornati a crescere facendo segnare un aumento del 9% a luglio su base annua, con punte anche del 12% per comparti come quello delle coltivazioni.
E a confortare gli agricoltori, sono arrivate anche le ultime rilevazioni sulle esportazioni che, per i prodotti agricoli italiani allo stato naturale, tra giugno 2010 e giugno 2009, sono cresciute del 28,9%: meglio del totale dell'export la cui crescita si è fermata al +22,8%. Anche questa è una indicazione importante, che, tuttavia, deve essere presa per quella che è, e commisurata all'aumento contemporaneo delle importazioni (+ 16,8% nello stesso periodo), così come alla buona prestazione delle vendite all'estero di prodotti alimentari trasformati (+13,1%). Numeri confortanti anche questi, quindi, che potrebbero ancora migliorare se, come ha ricordato Confagricoltura, la ripresa dell'export sarà agevolata con uno «sforzo serio a difesa dell'italianità, quella vera». Dietro questa affermazione, non c'è una banale posizione campanilistica, ma una strategia commerciale che dovrebbe essere in grado di «difendere» i prodotti agroalimentari dalle pratiche commerciali scorrette. Strategie di mercato appropriate, politiche davvero studiate per la crescita ma soprattutto idee nuove dovrebbero quindi costituire la formula vincente per la nostra agricoltura. Anche partendo da iniziative particolari, delle quali esistono già buoni esempi. È il caso del Consorzio Uva del Tundè di Ravenna: una struttura ancora quasi in embrione (13mila bottiglie ad ettaro e 30 ettari già coltivati), nata per valorizzare il vitigno omonimo, che per ora raccoglie pochissime imprese ma che ha l'ambizione " giusta " di rappresentare di fatto il primo vino del ravennate. Tutto nato da una sola azienda, quella dove a partire dagli anni 30 del '900 si riuscì a selezionare un nuovo vitigno ad uva rossa con caratteristiche fino ad allora sconosciute localmente. Con un traguardo da raggiungere fra due o tre anni, quello di arrivare addirittura a cambiare l'attuale denominazione IGP inserendo l'indicazione esatta del vitigno. Sarà poca cosa se confrontata con i grandi numeri della macroeconomia agroalimentare, ma quella del Tundè, se davvero riuscirà nei suoi obiettivi, potrebbe essere una esperienza da seguire e imitare.
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