Mercati all’ingrosso snodi logistici del cibo

ruciali e strategici. E non solo per i produttori ma anche, e soprattutto, per i cittadini. Snodi fondamentali che però devono ricevere più attenzione e investimenti
October 27, 2025
Cruciali e strategici. E non solo per i produttori ma anche, e soprattutto, per i cittadini. Snodi fondamentali che però devono ricevere più attenzione e investimenti. È quanto emerge dal Rapporto Italmercati-Ismea 2025 dedicato all’evoluzione dei mercati all’ingrosso italiani e al loro ruolo nella filiera agroalimentare. L’indagine è stata presentata qualche giorno fa, e contiene più di un elemento di riflessione. Ad iniziare dal giro d’affari e dall’occupazione che rappresentano: 11 miliardi di fatturato e 26mila addetti distribuiti in 22 mercati, 4.000 imprese per oltre 7 milioni di tonnellate di prodotti e 9 milioni di visitatori ogni anno. È da questi centri (che tra l’altro spesso hanno investito in innovazione ambientale) che passa buona parte della produzione agricola “fresca” destinata al consumo finale in Italia: la stragrande maggioranza della produzione ortofrutticola italiana, ma anche quella ittica, florovivaistica e delle carni.
Per questo Italmercati e Ismea parlano di “infrastruttura economica e logistica di rilievo nazionale”. Il Rapporto mette in evidenza un sistema diffuso e capillare – oltre 130 strutture attive, sei volte più che in Francia o Spagna – ma ancora frammentato. Una ricchezza in termini di prossimità territoriale, ma un limite per la competitività. Serve quindi una riforma complessiva del sistema, l’individuazione di mercati strategici nazionali, più grandi, sostenibili e digitalizzati, che funzionino come poli di riferimento per l’intera filiera. Un passo da compiere anche per stare dietro al cambiamento delle abitudini alimentari del Paese. Una ricerca del Censis, presentata in contemporanea, riporta una trasformazione profonda nei comportamenti di consumo degli italiani. Il 73% circa presta maggiore attenzione all’origine e alla tracciabilità dei prodotti, ma quasi metà, dice il Censis, considera il prezzo come fattore decisivo di scelta; mentre nell’ultimo anno il 39% delle famiglie ha ridotto gli acquisti di frutta e verdura proprio a causa dell’aumento dei prezzi.

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